Francesca Molteni, con il suo documentario “Inside Renzo Piano Building Workshop”, in onda mercoledì, 18 gennaio, alle 21:15 su Rai 5, nel programma Art Night condotto da Neri Marcorè, apre le porte dello studio nativo genovese al grande pubblico, permettendo di conoscere e vivere le vicissitudini che avvengono all’interno di una delle best architecture firms al mondo. Il titolo suggerisce già una delle caratteristiche principali del documentario, con la parola “inside” a sottolineare il tema principale della narrazione, che seguirà da vicino tutto ciò che avviene nello spazio dello Studio. Il susseguirsi di frame, immagini, disegni e momenti, è la rappresentazione su pellicola della vita di questo grande Studio, che viene raccontata in maniera delicata, profonda e reale.
Le vicende si avvolgono principalmente intorno alle sedi di Parigi e Genova. La prima situata nel cuore della capitale francese, a Rue des Archives, strada poco distante dal Centre Pompidou, costruito negli anni ’70 da Piano e Richard Rogers. La sede di Genova, invece, è lontana dal centro della città, separata dal caos, è un falansterio isolato su una collina verde dove chi lavora si dedica al progetto senza pensare a quello che succede intorno, immergendosi in questo luogo magico. Lo studio, fucina di progetti per il mondo intero, evidenza la sua intensa attività attraverso cinque progetti che vengono raccontati all’interno del documentario, seguiti per circa 18 mesi in diverse fasi di studio e realizzazione. Questi sono l’Academy Museum of Motion Picture a Los Angeles, il CERNS’s Science Gateway di Ginevra, l’Ecole Normale Supérieure di Paris-Saclay, il SNF Thessaloniki Children’s Hospital a Salonicco e il Marunouchi Tokyo Marine a Tokio, tre diversi continenti, cinque luoghi, contesti sociali e ambientali differenti, uniti da un unico tratto comune, il metodo e l’approccio inconfondibile RPBW.
Un ulteriore espediente usato per rappresentare la multietnicità non solo dei progetti ma anche di chi lavora all’interno dello studio, è l’uso all’interno del documentario di lingue differenti all’interno dei dialoghi. La storia si sviluppa tramite interviste che hanno come intermezzi dei momenti privi di dialoghi in cui l’interesse di chi guarda è focalizzato sui dettagli di plastici, campioni, disegni, azioni svolte all’interno dello studio o momenti in cantiere, che vengono inquadrati in maniera dettagliata, rendendoli i protagonisti assoluti di quel preciso fotogramma, anche grazie all’inserimento di suoni prodotti da quel determinato materiale o da quella azione.
I progetti vengono raccontati tramite un montaggio di video e hanno come sottofondo le parole di Renzo Piano, che descrive il progetto come un gesto civico e come quel luogo dove avviene qualcosa di molto importante, «Il miracolo della convivenza», lo chiama l’architetto. Un ulteriore metodo di narrazione è spiegare il progetto attraverso la ripresa di dialoghi che avvengono in cantiere.
La sua storia come architetto inizia con un Renzo Piano bambino, proveniente da una famiglia di costruttori, che stando seduto su un mucchio di sabbia osserva come dei materiali inerti diventano come per magia un muro, un edificio, un tetto, un riparo per una famiglia o per un’intera comunità.
In questo modo, emerge come la sua personalità poliedrica abbia due anime, quella del costruttore e dell’umanista, e la voglia di far vivere questo binomio anche all’interno di ogni suo singolo studio così da renderlo un luogo di interazione e commistione. Insomma, una casa per chi ci lavora, un luogo di discussione e di confronto dove si alternano momenti di vita quotidiana e di cantiere, uno spazio abitato da persone.
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