Pochi giornali ne hanno dato la notizia, per espresso bisogno di quiete attorno e chi ha perso una persona cara; ma la scomparsa di Achille Castiglioni va segnalata in omaggio ad una figura chiave nella storia del Design Industriale.
Maestro molto apprezzato internazionalmente, il lustro italiano nel settore deriva in buona parte da sue grandi intuizioni, e dalle opere realizzate nel sodalizio con il fratello Pier Giacomo.
Nato nel 1918, architetto e professore del Politecnico, matura in un’atmosfera razionalista, opportunamente espressa nel design industriale. La pulizia del segno, già originale nel primo successo alla Triennale di Milano del 1940, si arricchirà poi con la capacità di ironizzare sulle piccole manie eclettiche della borghesia, in una continuità produttiva che troverà consacrazione nell’eccezionale antologica del 1997 al MOMA di New York.
Molti oggetti ormai consueti sono stati a loro tempo sue innovative interpretazioni, dal tavolo a cavalletti Leonardo, immancabile negli studi tecnici, alla radiofonografo RR126. Eccezionale il contributo espresso nel design di lampade, con linee essenziali e assemblaggio geniale. Chi non si è mai soffermato a guardare una lampada Toio, con il suo faro quasi automobilistico, o una filiforme Parentesi? Tutti oggetti che appartengono ormai ad un repertorio di modernità che attraversa scenari cinematografici e sposa arredamenti sia datati che contemporanei in una calibrata
I nove Compassi d’oro vinti, le lauree honoris causa, e la presenza nelle più importanti collezioni d’arte al mondo, non relegano infatti Castiglioni in un elitario universo culturale: la sua attenzione per il design industriale lo ha portato a rivisitare tanti elementi della nostra quotidianità, firmare oggetti comuni applicando sempre una coerente economia formale. Tema di grande attualità nel rinnovato interesse per il minimalismo post-decostruttivista.
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