Se le gallerie occidentali più consolidate, ormai già da qualche anno, fanno a gare ad aprire nuove sedi nel continente asiatico – in effetti, principalmente in Cina, Corea del Sud e, in parte, in Giappone – qualche motivo ci sarà. Anzi, ce ne sono davvero tanti e, oltre alle eventualità di aprire o seguire nuovi mercati, ci sono anche le enormi potenzialità degli investimenti strutturali e infrastrutturali, in grado di edificare o consolidare dei veri e propri nuovi centri di potere o, almeno, di interesse. E così, a Shenzhen, Adrian Cheng, mega collezionista di Hong Kong e magnate immobiliare, ha annunciato il suo primo avamposto stabile dedicato alle arti, il K11 Ecoast.
Ma chiamarlo avamposto non rende giustizia al progetto, che prevede piuttosto la costruzione di un complesso polifunzionale con più edifici, per un investimento di 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari. D’altra parte, stiamo pur sempre parlando di una delle città rampanti della Cina, situata nella fascia di collegamento tra Hong Kong e del territorio cinese, ovvero al centro della Zona Economica Speciale, super metropoli ultramoderna dedicata allo sviluppo e alla produzione delle nuove tecnologie e che qualche decennio fa contava circa 30mila abitanti e adesso poco meno di 13 milioni.
Insomma, quando Adrian Cheng Chi-kong si muove, lo fa in grande. Nato nel 1979, figlio del ricchissimo promotore immobiliare Henry Cheng e nipote dell’ancora più ricco Cheng Yu-tung, attualmente Adrian è CEO e vicepresidente esecutivo della New World Development e direttore esecutivo della società di gioielli Chow Tai Fook. È anche il fondatore di K11, centro commerciale da sette piani di Hong Kong in cui è facile perdersi ma dalla selezione rigorosa, con negozi di fascia alta e una impostazione concettuale ibrida, tra bene di lusso e cultura dell’oggetto unico, che tra le nuove generazioni di ricchi cinesi si è molto diffusa. Per intenderci, della serie K fa parte anche il K11 Musea, che viene descritto come la Silicon Valley della cultura, un edificio colossale costruito nel 2019 su progetto di Kohn Pedersen Fox architecture practice, in collaborazione con lo studio OMA di Rem Koolhaas.
Oltre ad aver investito nel mattone, Cheng ha avviato diverse collaborazioni con musei e istituzioni artistiche riconosciute a livello internazionale come il Palais de Tokyo di Parigi e l’ICA – Institute of Contemporary Arts di Londra, in particolare per promuovere l’arte contemporanea cinese. La rivista ArtReview lo inserisce puntualmente nella lista annuale delle 100 persone più potenti e influenti nel mondo dell’arte. Tra i suoi numerosi incarichi nei board del Metropolitan e del MoMA Ps1, anche quello di membro del Comitato per le acquisizioni dell’Asia Pacifica della TATE di Londra. Nel 2010 ha poi fondato la K11 Art Foundation.
Chiamato K11 Ecoast, il nuovo centro culturale farà più di qualche passo avanti in questa direzione: situato a Prince Bay, nel distretto Nanshan, sul lungomare di Shenzhen, circa 50 tra artisti e architetti di fama mondiale hanno collaborato con Cheng per il progetto, da David Chipperfield a OMA di Rem Koolhaas, fino a Sou Fujimoto. Artisti cinesi e internazionali sono stati chiamati a creare opere d’arte pubbliche «In onore della cultura unica di Shenzhen», tra cui Phyllida Barlow, che nel 2017 ha rappresentato la Gran Bretagna alla Biennale d’Arte di Venezia, e Monika Sosnowska, che invece rappresentò la Polonia alla 52ma Biennale, nel 2007. Entrambe le artiste – ça va sans dire – fanno parte della scuderia di Hauser & Wirth, galleria blue chip che nel 2018 aprì una sede a Hong Kong. L’apertura del K11 Ecoast è prevista per la fine del 2024.
E non è finita qui, il K11 Ecoast non è una cattedrale nel deserto. Il nuovo complesso fa parte di un piano del governo per trasformare le nove città meridionali del Paese, tra cui anche Guangzhou, oltre alla stessa Shenzhen, collettivamente denominate Greater Bay Area, in centri culturali e commerciali entro il 2035.
Qualche domandina sulla sostenibilità? Il progetto del K11 Ecoast rientra nel 14mo Piano quinquennale cinese sulla protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile per l’economia circolare. Nell’ambito del programma pilota di costruzione “Zero-Waste City” intrapreso a Shenzhen, K11 Ecoast integrerà i principi dell’economia circolare nella sua progettazione e nella sua operatività, riducendo notevolmente gli sprechi e garantendo la protezione ambientale nella progettazione architettonica. K11 Ecoast inoltre abbraccia il concetto “Sponge City” per la gestione sostenibile delle acque piovane, alleviando la pressione sul sistema di drenaggio della città. Caratterizzato da 60mila metri quadrati di spazi esterni, K11 Ecoast utilizzerà dunque energia rinnovabile, materiali riciclabili e sistemi di filtraggio dell’aria.
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