Con una diretta streaming sui social, Facebook e Twitter, al posto della tradizionale conferenza stampa, poco fa è stata presentata la 17ma Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, che sarà aperta dal 23 maggio al 29 novembre 2020, dal titolo “How Will We Live Together?”.
Il Presidente Paolo Baratta ha tenuto il proprio discorso a Venezia,mentre il curatore Hashim Sarkis è intervenuto da Cambridge, Massachusetts, con una parte del suo team.
Per l’edizione 2020, confermate le 63 partecipazioni nazionali, con tre Paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura di Venezia: Grenada, Iraq e Uzbekistan.
«La Mostra si articolerà tra il Padiglione Centrale ai Giardini, l’Arsenale e Forte Marghera, includendo 114 partecipanti in concorso provenienti da 46 paesi, con una rappresentanza crescente da Africa, America Latina e Asia. Oltre ai partecipanti invitati, la Biennale Architettura 2020 comprende Stations + Cohabitats, ricerche fuori concorso sui temi della Mostra sviluppate da ricercatori di università di tutto il mondo.
Organizzata in cinque scale tra Arsenale e Padiglione Centrale ai Giardini, la Mostra presenta anche grandi installazioni collegate a ognuna delle cinque scale che si disporranno negli spazi esterni dell’Arsenale e dei Giardini. Cinque architetti e un fotografo di architettura sono infine gli autori del progetto dedicato al gioco a Forte Marghera, che si chiamerà: “How will we play together?”», si legge nel comunicato stampa.
Vi proponiamo due stralci dai discorsi di entrambi gli intervenuti, attraverso il materiale presente nella cartella stampa:
Nelle varie edizione della Biennale Internazionale di Architettura «Ogni curatore si è collocato in un preciso punto di osservazione e con occhio indagatore ha cercato di mettere a fuoco le riflessioni che derivano dal punto di osservazione prescelto. A volte i suoi occhi si sono concentrati più da vicino sulle tematiche proprie della disciplina. Se ne è riconosciuta l’esistenza e la vitalità in tempi in cui, come si diceva, sembravano esserci tanti architetti creativi ma sempre meno l’Architettura. In altri momenti, direi più spesso, lo sguardo è andato sulle relazioni tra l’Architettura e la società civile, assumendo una dilatata idea di quale sia il campo proprio della disciplina, che è chiamata a dare risposte a diversi bisogni individuali e comuni.
E a questo proposito ci si è soffermati anche sulla capacità della società civile di formulare domande e di esprimere quei bisogni, e sugli ostacoli che si frappongono a una più diffusa presenza dell’Architettura e sui modi di superarli
La Mostra di Hashim Sarkis coglie in uno sguardo ampio problemi strutturali della società contemporanea, egli osserva, e noi con lui, che in tutte le aree del mondo sono in corso fenomeni di intenso cambiamento, assai diversi tra loro ma accomunati dalla necessità di importanti “aggiustamenti” nelle condizioni dell’abitare».
«Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale – dichiara Hashim Sarkis. In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli architetti di immaginare degli spazi nei quali vivere generosamente insieme. Gli architetti invitati a partecipare alla Biennale Architettura 2020 sono stati incoraggiati a coinvolgere nella loro ricerca altre figure professionali e gruppi di lavoro: artisti, costruttori, artigiani, ma anche politici, giornalisti, sociologi e cittadini comuni. La Biennale Architettura 2020 vuole così affermare il ruolo essenziale dell’architetto, che è quello di affabile convener e custode del contratto spaziale.
Allo stesso tempo questa mostra vuole affermare l’idea che è proprio in virtù della sua specificità materiale, spaziale e culturale che l’architettura orienta i vari modi di vivere insieme. E in tal senso abbiamo chiesto ai partecipanti di evidenziare gli aspetti prettamente architettonici del tema principale».
« Il tema della Biennale Architettura 2020 è il suo stesso titolo. Il titolo è una domanda. La domanda è aperta:
How: parla di approcci pratici e soluzioni concrete, evidenziando il primato della risoluzione dei problemi nel pensiero architettonico.
Will: segnala lo sguardo verso il futuro, ma ricerca anche visione e determinazione, attingendo al potere dell’immaginario architettonico.
We: sta per la prima persona plurale, è quindi un termine inclusivo (di altri popoli, di altre specie) e richiama una comprensione più empatica dell’architettura.
Live: significa non solo esistere ma anche prosperare, fiorire, abitare ed esprimere la vita, attingendo dall’ottimismo intrinseco dell’architettura.
Together: implica azioni collettive, beni comuni, valori universali, evidenziando come l’architettura sia una forma collettiva ma anche una forma di espressione.
?: Indica una domanda aperta, non retorica, che cerca (molte) risposte, celebra la pluralità di valori attraverso l’architettura e nell’architettura stessa».
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