«Il tempo lineare è un’invenzione dell’Occidente. Il tempo non è lineare, è un meraviglioso groviglio dove, in qualsiasi momento, possiamo scegliere punti e inventare soluzioni. Senza inizio né fine». Il viaggio che Isaac Julien ci invita a compiere inizia e termina da questa frase, nucleo del pensiero artistico e progettuale dell’iconica Lina Bo Bardi.
Lina Bo Bardi – Un meraviglioso groviglio, in mostra al MAXXI Museo Nazionale delle arti del XX secolo fino a gennaio 2021, si articola come un percorso complesso, una mostra immersiva multicanale che ci culla tra le conquiste personali e lavorative più emozionanti e significative dell’architetta italo-brasiliana.
Lina Bo Bardi – Un meraviglioso groviglio vuole essere un omaggio, la personale interpretazione evocativa dei lavori più iconici della madrina del movimento modernista sudamericano da parte del filmmaker britannico. Il fascino che è in grado di suscitare Lina Bo Bardi è indiscutibile: figura unica nel panorama italiano e internazionale, donna appassionata e mossa da una precisa missione progettistica che ha rappresentato il motore di tutta la sua esistenza. Oltre ad essere un’architetta, Bo Bardi incarnava un esempio culturale in grado di abbracciare la cultura brasiliana, adottandone la cultura popolare e promuovendola in tutte le sue discipline. La passione di Julien per Lina nasce otto anni fa, quando Isaac viene invitato a San Paolo in occasione della sua mostra personale all’ex fabbrica SESC Pompéia. Rimanendo completamente folgorato dal lavoro di Bo Bardi, l’artista visivo si appassiona sempre più alla controversa figura dell’architetta, aspirando ad ottenere «lo stesso grado di ruvidezza» dei progetti di Lina e la medesima sensibilità sociale.
Esposta precedentemente presso la sede londinese della galleria Victoria Miro, la monumentale installazione di Isaac ridisegna completamente la sala della Fondazione, donando un inedito dinamismo allo spazio. Delimitata da due teatrali sipari scuri, la Galleria 3 si trasforma in un palcoscenico su prendono vita i nove schermi sospesi. La mitologica Lina viene raccontata in un film a più livelli con immagini coreografate alternativamente e simultaneamente. Proprio come “un meraviglioso groviglio”, la pellicola si rifà a una concezione ciclica del tempo in cui ogni cosa è armoniosamente interconnessa. La ritmicità dei movimenti e la drammaticità dei suoni si fanno prepotentemente spazio all’interno della narrazione, diventando la struttura portante del linguaggio espressivo. Le attrici brasiliane Fernanda Montenegro e Fernanda Torres, madre e figlia nella realtà, interpretano rispettivamente una Lina matura e una più giovane, offrendoci uno sguardo intimo dell’architetta grazie alla rilettura di alcuni dei suoi scritti che ci parlano di libertà collettiva e della poetica essenzialmente rigorosa dell’architettura. È di poesia che si fa portavoce anche la pratica di Julien, narratore mosso dall’urgenza espressiva di un linguaggio poetico veicolato dal video.
Gli ambienti a fare da scenografia alle protagoniste e ai performers sono i potenti edifici ideati da Lina, come il SESC Pompéia, Casa do Benin e il MAM-BA Museu de Arte Moderna de Bahia.
Oltre alla suggestiva immagine della matassa ingrovigliata come efficace metafora del concetto orientale del tempo, le nozioni di movimento e aperture affiancano il tema principale dell’opera. Il movimento come «relazione tra individuo e spazio» diventa instancabile ricerca di equilibrio progettuale e fisico. La danza e la coreografia vengono esaltate dall’artista per la loro capacità di raccontare lo spazio, di occuparlo e simultaneamente rimodellarlo scardinandone ogni precedente interpretazione.
Le aperture, invece, che nelle opere di Lina conservano i connotati preistorici veicolando dei suggestivi giochi luminosi, nella pellicola di Julien costituiscono una costante gravitazionale delle riprese ambientali.
Oltre al film, la mostra comprende una serie di collage fotografici realizzati ex novo per la tappa romana al MAXXI, una timeline che ci racconta i passaggi cardini del processo di ideazione e realizzazione del film, e infine una selezione di riviste e di materiale d’archivio su Lina. La scelta di includere materiale archivistico all’interno del percorso espositivo costituisce un ulteriore punto di forza della mostra, poiché oltre a mettere in luce la versatilità del pensiero progettuale di Bo Bardi, ci consente di sollevare inediti dibattiti sul futuro dell’arte mantenendo un occhio al passato.
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