Il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2023, curato dal collettivo Fosbury Architecture (qui intervistati da exibart), identifica con chiarezza e precisione alcune condizioni di fragilità e marginalità strutturali sul territorio italiano e le porta al centro del discorso. Il progetto curatoriale traccia una geografia inattesa, che si snoda attraverso 9 luoghi distribuiti da nord a sud del Paese, facendoli diventare a loro modo spazi simbolici di una condizione di fragilità che investe, con specificità proprie e diverso grado di urgenza, larghe porzioni di quel territorio italiano il più delle volte sotto rappresentato nel dibattito pubblico.
I nove luoghi, attraverso cui si svolge il racconto del padiglione, corrispondono ad altrettante operazioni culturali che sono state messe in atto attraverso una pluralità di strumenti, processi e azioni progettuali in situ. Il padiglione, quindi, accoglie attraverso un allestimento essenziale e controllato, la varietà di esperienze, esiti e riflessioni intorno ai processi avvenuti. I Fosbury colgono l’opportunità di ragionare su queste condizioni, a loro modo uniche, per proporre una riflessione sulla capacità dell’architettura di affrontare le sfide del futuro attraverso un modello collaborato e collettivo, sfruttando l’intersezione e relazione tra diverse discipline per esprimersi e comunicarsi. “Spaziale, ognuno appartiene a tutti gli altri” ha messo in campo un processo all’interno del quale per ognuna delle aree di progetto si sono creati, al fianco dei curatori, dei gruppi di lavoro compositi, che hanno visto confrontarsi nel merito degli interventi diversi attori: advisors, incubatori e progettisti/practitioners, termine largamente utilizzato e risemantizzato dalla curatrice Lesley Lokko nel corso di questa Biennale.
I temi trattati nelle diverse aree di progetto sono riconducibili ad una fase di transizione propria dei luoghi rappresentativi scelti, gli interventi puntuali hanno preso le mosse in alcuni casi da criticità di natura prettamente ambientale e in altri da fragilità di matrice ecologico-sociale, specchiando così una fase di trasformazione da cui è attraversato l’intero paese. Le esperienze e ricerche attivate dal progetto curatoriale si svolgono tra: Taranto con il collettivo Post Disaster in dialogo con Silvia Calderoni e Ilenia Caleo; Baia di Ieranto, con gli architetti BB – Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio – con Terraforma Festival; Trieste con Giuditta Vendrame e Ana Shametaj; Ripa Teatina, con HPO il collaborazione con Claudia Durastanti; terraferma veneziana, tra Mestre e Marghera con i Parasite 2.0 e Elia Fornari; Cabras, in Sardegna, con Lemonot in collaborazione con Roberto Flore; Librino, quartiere di Catania, con Studio Ossidiana e Adelita Husni Bey; Belmonte Calabro, con il collettivo Orizzontale e Bruno Zamborlin; infine, nella piana fra Prato e Pistoia, con (ab)Normal e CAPTCHA in collaborazione con Emilio Vavarella.
L’eccezionalità dell’operazione curatoriale di Fosbury sta nella dimensione temporale del processo che percorre l’intero progetto, le tre e distinte temporalità fanno sì che il padiglione non sia unicamente relegato al ruolo di progetto espositivo semestrale, esito di una ricerca specifica su tematiche puntuali, ma un attivatore di processi che potenzialmente aprono altrettanti tavoli di discussione sui temi urgenti della contemporaneità: <<Per noi, nel tempo, la pratica curatoriale si è dimostrata un potente strumento per passare dall’archiviazione all’azione>>, spiegano i curatori. I progetti in situ e la mostra allestita presso le Tese delle Vergini a Venezia, si completano e arricchiscono con un programma pubblico dal titolo “Mondo Novo”, che si svolgerà presso il Teatrino Grassi di Venezia, con appuntamenti in programma fino al 26 novembre 2023.
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