“La scuola ebbe inizio con un uomo sotto un albero, un uomo che non sapeva di essere un maestro e che si mise a discutere di quel che aveva compreso con alcuni altri che non sapevano di essere studenti. Gli studenti si misero a riflettere su quanto era passato tra di loro e sull’effetto benefico di quell’uomo. Desiderarono che anche i loro figli lo ascoltassero, e così furono eretti degli spazi e la prima scuola venne in presenza”. Questo secondo L. Kahn il processo di ispirazione – istituzione – costruzione della scuola.
Poiché idee ve ne erano e tante, affermate, negate, suggerite (…ispirate) dai progetti dei “ragazzi del Villard”, impegnati su un’area vasta ed esemplare delle questioni urbane correnti. Dalle infrastrutture dei trasporti e dell’accessibilità (rete ferroviaria, viabilità urbana e connessioni territoriali), alla risoluzione delle aree e dei rapporti lasciati liberi dalla dismissione di attività produttive (cave) e militari (poligono), al modo di intendere la relazione tra antico e nuovo (per la prossimità dell’area archeologica di Rudiae ma anche e più estesamente per la complessità delle relazioni centro-periferia-territorio) era nata una tensione riorganizzativa dei sistemi funzionali delle attività di vita associata (istruzione, cultura, tempo libero, persino un contestualizzato riuso primario del suolo) ma anche di ri-mediazione di un paesaggio i cui segni di antropizzazione erano finalmente riconosciuti come problemi di architettura e non come accidenti da rimuoversi anche dalla rappresentazione cartografica.
I progetti, assorbita e superata la questione del programma, hanno innanzitutto espresso un metodo di lettura del substrato di una nuova configurazione urbana, nel quale pluralità e peculiarità di scuole, culture e poetiche personali si ricompongono nella estrema riduzione dei margini di soggettività. Il riconoscimento dell’attualità del “dismesso”, della forza dell’area “debole”, della qualità del sito da “valorizzare”, presentava il comune importante denominatore che le potenzialità di simili luoghi e la loro specificità di eccezioni non sono assolute ma vivono proprio del rapporto con un contesto al quale vanno ricondotte per esprimere la loro valenza di trasformazione. La condivisione, non scontata, di tale procedimento non ha significato l’omologazione dei supporti teorici, metodologici ed operativi. Nella complessità dell’interazione indicata si è anzi evidenziata la individualità dei progetti quali elaborazioni di posizioni teoriche diverse e procedure operative manipolanti elementi, segni, caratteri, relazioni e non solo linguaggi differenti, il che non esclude possibili interessanti tassonomie.
Daniele Di Campi
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per saperne di più sul Villard:www.le.archiworld.it
e sull’area dei progetti: www.le.archiworld.it/images/tesi
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