Il duomo di Firenze desta da sempre stupore per la sua complessità ingegneristica. Per molto tempo è stato un mistero come il suo architetto, Filippo Brunelleschi, sia riuscito a costruirla senza l’utilizzo di strutture di supporto e come i suoi seguaci abbiano fatto lo stesso. Uno studio recente ha finalmente svelato le tecniche di ingegneria alla base delle cupole autoportanti in muratura, emblemi del Rinascimento. Gli esiti della ricerca saranno pubblicati nel numero di luglio 2020 della rivista Engineering Structures.
La ricerca è stata guidata da Sigrid Adriaenssens, professore di ingegneria civile e ambientale a Princeton, assieme al professore di ingegneria e scienze applicate dell’Università di Bergamo Attilio Pizzigoni e al suo dottorando Vittorio Paris.
Pizzigoni ha così descritto gli animi dei ricercatori durante lo studio di ricerca: «Nulla è più commovente che leggere la leggerezza dei cieli in pietra, in una forma assoluta e semplice come quella della cupola fiorentina».
Questo studio è il primo a dimostrare quantitativamente la fisica al lavoro nelle cupole del Rinascimento italiano e a spiegare le forze che permettono a tali strutture di essere costruite senza le casseforme, solitamente richieste anche per le costruzioni moderne. Si è utilizzata un’analisi strutturale digitale, che tiene conto delle forze del lavoro fino al singolo mattone, permettendo di spiegare come viene sfruttato l’equilibrio all’interno della cupola.
Il punto cruciale del loro studio si basa sul modello geometrico dei mattoni utilizzati in tutta la parte interna della cupola, perno fondamentale che rende la struttura autoportante. La disposizione prodotta è un complesso motivo a spirale a spina di pesce che fornisce stabilità ai mattoni interni, mantenendo la curvatura della cupola. L’analisi dei ricercatori ha dimostrato che si crea così una doppia elica di supporto che distribuisce ed equalizza peso e spinta all’interno della struttura. Questo sistema è noto come doppio loxodromo.
Ogni linea di mattoni orizzontali si spinge verso l’esterno poggiando sui mattoni a spina di pesce verticali, formando così file di bande di piastre o archi dritti all’interno del doppio loxodromo. La spinta fisica dei mattoni orizzontali verso i mattoni verticali, mantiene i mattoni orizzontali in posizione durante la costruzione e fornisce stabilità all’intera struttura una volta completata. Questa è la chiave per la stabilità della cupola.
Una delle scoperte principali dei ricercatori è che per le cupole con geometria radiale, il motivo a spina di pesce consente ai mattoni di essere incastrati come bande di piastre e non scivolare verso l’interno, il che farebbe crollare la cupola.
«Con questi studi – ha affermato Pizzigoni – miriamo ad avvicinarci ai momenti della storia in cui l’unica forma di tecnologia disponibile per l’uomo era la razionalità astratta della geometria. Ciò che noi designer, architetti e costruttori possiamo imparare dal passato è la conoscenza di un equilibrio strutturale della forma basato sulla geometria dei materiali e delle loro reciproche misurazioni nello spazio tridimensionale».
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