Franz Prati è un architetto accademico. Cerchiamo di intenderci. Prati è un architetto accademico innanzitutto perché privilegia il momento della rappresentazione dell’architettura a quello, più usuale, della sua costruzione. In questa arte, i vertici della sua toccano livelli sublimi. Prati è un vero maestro. Controlla tecniche numerose che combina spesso in maniera originale. Sa dove essere preciso e meticoloso e quando essere sfumato e fluido, sa come far navigare tra loro forme e colori, sa come far partecipare il supporto alla creazione. Sono tecniche che frequenta da più di 50 anni e che spesso insegna ad allievi e veri e propri seguaci della sua arte, spesso trasmessa all’interno della splendida galleria alla Fornace del Canova, di cui è l’anima insieme a Fiorenza d’Alessandro.
Nonostante le vette raggiunte da tempo dalla sua arte, Prati non fa ancora parte dell’Accademia di San Luca. Me ne dolgo molto e espero che sia presto invitato a farne parte, con Francesco Cellini e Franco Purini e nel passato Pietro e Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona, Girolamo e Carlo Rainaldi, Carlo Fontana e Paolo Portoghesi, per citarne solo alcuni. Il nome di Portoghesi è inevitabile quando si pensa a Prati: come non ricordare le copertine e gli inserti meravigliosi dei suoi disegni in “Eupalino” o le mostre presso la Galleria del compianto Paolo? Naturalmente è accademico anche perché è stato per 40 anni almeno docente all’Università italiana e anche in quel fronte conosco tanti che hanno tratto beneficio del suo sapere.
Ma la ragione più profonda di questo aggettivo è proprio per la mostra delle sue opere, che si tiene all’Acquario Romano. Orbene, questo è uno spazio circolare coperto da una cupola traslucida, quanto di peggio sia possibile pensare, per una mostra di architettura. Vi ho viste decine di esposizioni e mai nessuna stava così bene e appariva così giusta dentro questo spazio. Infatti, i suoi disegni dialogano perfettamente non solo con la circolarità della pianta ma anche con l’alto spazio che li sovrasta. I disegni sono inseriti dentro le nicchie che circondano l’ambiente e sembrano quasi essere sempre stati lì, cosi giusti appaiono, tanto perfettamente ambientati sono. Sembra veramente una mostra site specific. Quindi visitarla ne vale veramente la pena. Guardate i disegni nel loro insieme, ballandoci idealmente attorno, e poi avvicinatevi per osservare il segno, sempre ricco di significati stratificati.
Naturalmente, i soggetti appartengono, in alcuni casi, all’impostazione più coerentemente accademica. Disegni stupendi ma anche belle soluzioni architettoniche, in cui la stratificazione non è solo grafica ma si muove negli elementi concreti del progetto, Come nello stupendo fianco vibrato e dinamico del concorso per Cerreto del 1985 (di cui chi scrive vorrebbe modificare il fronte per eliminare una rigidezza niente affatto necessaria).
Senza se e senza ma sono invece alcune opere che sembravano far uscire totem contemporanei dai quadri, come Luce Testimone con Lu Tiberi. E viene da domandarsi se non sia ora di vedere le sculture di Prati, perché ogni grande disegnatore ha un’anima nascosta di scultore, come i più bei disegni sono sempre quelli degli scultori medesimi.
Attraversa la mostra il tema del viaggio. Qui Franz Prati usa il suo sognante paesaggio del mare. Una mare inalato nella sua Venezia e anche nella sua Genova, dove ha passato decenni di insegnamento. In particolare, a questo tema del viaggio è dedicato un bel libretto anti-convenzionale. Non scritto con pesantezza accademica ma con grazia e sensibilità da Lucia Re e messo in pagina in maniera apprezzabile da Campisano Arte.
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