Ugo La Pietra, La riappropriazione della citta, 1977, frame 15. Courtesy Archivio Ugo La Pietra, Milanopng
Giovedì 16 marzo, ABC – ARTE di Genova inaugura “L’artista e la città”, l’articolata mostra curata da Flaminio Gualdoni (Cuggiono, 1954), dedicata ai più di 50 anni di lavoro di Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, 1938). La personale è parte di un’ampia retrospettiva dedicata all’autore, coniugata in due atti, a Genova e a Milano, che svela, attraverso i frammenti di una testimonianza diretta, le sue esplorazioni urbane.
Architetto di formazione, artista, editore, musicista e regista, dall’inizio degli Anni Sessanta, La Pietra sviluppa una ricerca che indaga il rapporto tra l’individuo e l’ambiente, l’influenza e la non influenza del contesto circostante, secondo cui “Abitare è essere ovunque a casa propria”. Frase emblematica, quest’ultima, che apre il film “La riappropriazione della città” (1977), come fosse «Un manifesto, una specie di parola d’ordine a cui la faccia sorridente di Ugo La Pietra – tutto intento per strada a farsi la barba, riflettendosi nelle ante vetrate di un grande portone – offre l’evidenza delle immagini», osservava Paolo Mereghetti nel 1977.
In quanto “ricercatore nelle arti visive”, nonché promotore di gruppi e attività espositive, l’artista e docente sperimenta varie forme espressive, per un abbattimento di qualsiasi barriera interposta tra spazio pubblico e privato. È un’oscillazione tra arte segnica e ambientale, concettuale e sociale, fino a una contaminazione radicale tra scrittura e design. Gli studi di La Pietra sono rivolti al sistema di comunicazione e delle arti visive che prendono forma nella teoria del “Sistema Disequilibrato” – un’espressione autonoma all’interno del Radical Design – e in importanti temi sociologici, trattati ne “La casa telematica” (MoMA New York, 1972 – Fiera di Milano, 1983), nel “Rapporto tra Spazio reale e Spazio virtuale” (Triennale di Milano 1979, 1992), ne “La casa neoeclettica” (Abitare il tempo, 1990) e nella “Cultura Balneare” (Centro Culturale Cattolica, 1985/95).
Il percorso espositivo conduce l’occhio dello spettatore di fronte a due punti salienti della produzione dell’autore, esemplificati da Recupero e reinvenzione (1969) che, d’ispirazione all’Arte Narrativa, si compone di collage fotografici e d’interventi a penna o matita, come dissezione organica dell’abitare la periferia urbana per “tessiture, superfici e nuclei”; e dalla serie Il Monumentalismo (1972), in cui il focus si sposta dal sobborgo al centro della città di Milano, all’architettura monumentale che “rifiuta” di contenere la dinamica che innesca l’umanità nei rapporti.
La Pietra riflette, con approccio analitico e decodificato, sull’origine del meccanismo antropologico instaurato tra ambiente e uomo, partendo da un profilo morfologico in cui tradurre possibili nessi strutturali, originati da un alto quoziente di casualità. Vicino alla paidia di Roger Caillois (Reims, 1913 – Parigi, 1978), categoria che sta alla turbolenza e all’improvvisazione, la randomicità si manifesta, nella produzione di La Pietra, con la sembianza di segno: mezzo per coniugare opere e oggetti, oltre l’attività teorica.
La nuova sede milanese di ABC – ARTE, invece, presenta tre installazioni di Ugo La Pietra, progettate appositamente per gli spazi della Galleria. La prima sala, rinominata La città scorre ai miei piedi (2010), vede l’esposizione di due ampie tele giustapposte, dalla misura di 200 x 100 cm; la seconda ospita l’installazione Rapporto tra architettura e natura – Rapporto Interno/Esterno, come prototipo d’architettura vinta dalla natura. Infine, l’ultima e terza sala propone una rielaborazione, tramite video-installazione, de La città che scorre (2015), attraverso cui il dinamismo dello sviluppo urbanistico, proiettato su un libro in ceramica, sembrerebbe prendere in parte le sembianze futuriste de La città che sale (1910) di Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916).
Il movimento, concretizzato nel viaggiare e nel vagabondare, si fa atto conoscitivo sintetizzato nella dislocazione, attraverso “percorsi alternativi” (les chemins du dérive) che non prevedono recinzioni. Anche nel suo recente libro, La città senza morale (2022), l’autore pone tali percorsi al paro di declinazioni “inventive”, inseriti nel concetto ampio di territorialità. Tra spazi urbani e giardini, La Pietra crea un viatico dalla lucidità critica e dall’intensità poetica, a sostegno di una nuova componente umanistica e significante dell’arte.
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Ho conosciuto Ugo La Pietra a Verona negli anni90 per essere stato selezionato con il mio progetto alla casa neoeclettica, volevo dirle arch., scusi ho molto da... e lo dovevi inseguire negli spazi della istallazione per poi sparire tra le poesie e la casa dei misteri... hahaha simpaticissimo aveva sempre un compasso tra le mani..