Laurea in Storia dell’arte e dell’architettura, in lettere, in filosofia e in archeologia classica. Sono le prime righe del curriculum del nuovo direttore della 9. Mostra Internazionale di Architettura prevista per il prossimo giugno 2004.
La sua nomina è avvenuta venerdì 11 luglio in seno al Consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia presieduto da Franco Barnabè.
Kurt W. Forster, questo il suo nome, viene dalla Svizzera e vanta un bagaglio culturale e di esperienze di tutto rispetto.
Negli Stati Uniti ha insegnato alle università di Yale, Stanford, Berkeley, Harvard e al Massachusetts Institute of Technology. Dal 1984 al 1993 è stato direttore dell’Istituto di Ricerche Getty a Los Angeles, dove ha coordinato l’attività di 130 collaboratori e ha curato la crescita di una vasta biblioteca, di archivi e di pubblicazioni.
In seguito ha insegnato per sei anni al Politecnico di Zurigo (ETH), assumendo poi la direzione di uno dei massimi centri di ricerca in architettura, il Canadian Centre for Architecture (CCA) a Montreal.
Dal 1991 al 1996 è stato consigliere del Senato di Berlino per la ricostruzione della capitale in seguito all’unificazione della Germania.
Nel 2003 è stato chiamato alla cattedra Gropius della Bauhaus Universität di Weimar.
Componente del consiglio del CCA e del consiglio scientifico del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio a Vicenza, è spesso membro di giurie internazionali (fra le ultime quella per la Medaglia d’oro della Triennale di Milano, 2003).
Dirige l’Accademia di Architettura di Mendrisio dell’Università della Svizzera Italiana.
Ha partecipato all’organizzazione di diverse mostre. Fra le più significative: Asfalto. Il carattere della città, Herzog and de Meuron: Archaeology of the Mind., Carlo Scarpa – Mostre e musei 1944-1976 – Case e paesaggi 1972-1978.
I suoi interessi spaziano dal Rinascimento italiano alle vicende del Movimento Moderno, fino al dibattito architettonico contemporaneo. Ha condotto una serie di studi sull’opera di Palladio e di Giulio Romano, ha indagato i riscontri delle avanguardie del ‘900 sul panorama post moderno e contemporaneo, osservando al tempo stesso le innovazioni di linguaggio apportate da Peter Eisenman . Sguardo attento anche su due diversi modi di scardinare il concetto tradizionale dell’architettura vitruviana: lo incuriosisce la narrazione spettacolare di Frank O. Gehry, ha seguito le note emotive del registro progettuale di Daniel Libeskind , in qualità di consigliere del Senato di Berlino per la ricostruzione della capitale.
Una conoscenza della storia dell’architettura ad ampio raggio insomma. Dalle eleganti teorie di timpani palladiani a certa ispirazione neoattica di Schinkel, dalle istanze igieniste e funzionaliste di Corbu e di Mies alle elucubrazioni bloboidali di Eisenman, fino all’architettura psicologica di Libeskind.
Un percorso formativo che allude ad un’interpretazione delle vicende architettoniche come continuum di linee di pensiero sollecitate al divenire dalle innovazioni tecnologiche e dagli stati d’animo della storia.
Ci si aspetta insomma una biennale emozionante. Nella quale, quasi certamente, i diversi padiglioni costituiranno le tappe di una promenade improntata alla riflessione sull’architettura come prodotto della storia, che da sempre lega e spiega le relazioni fra le varie stagioni del pensiero progettuale.
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