L’eredità di Chen Zhen ovvero una grande mostra, composta da una trentina di opere, che piazza l’artista cinese (1955, Shanghai – Parigi, 2000), tra le figure più emblematiche dell’arte contemporanea internazionale. Galleria Continua (San Gimignano, Le Moulin, Pechino) in collaborazione con la vedova dell’artista Xu Min, ha organizzato nei tre spazi parigini della galleria Perrotin, un’esposizione di grossa portata, che idealmente possiamo dividere in due parti: prima e dopo lo choc culturale, quando Chen Zhen lascia la Cina per scoprire l’occidente. La prima parte della vita artistica trascorsa nella terra natale, è qui testimoniata da diversi opere come la serie Tibet tryptich (1983-1984) o la serie di grandi oli su tela, Floating Qi (1984-1986).
Chen Zhen arriva a Parigi nel 1986, artista dalla dimensione filosofica non indifferente, ha inizio per lui un eterno confronto tra il pensiero occidentale e orientale che lo accompagnerà lungo tutta la sua vita artistica, vedi Le chemin/ Le radeau de l’écriture (1991), una zattera fatta di traversine ferroviarie e libri, simbolo del viaggio tra culture diverse. Mentre, la serie Les Autels (1993), è una reazione al consumismo senza tregua delle società occidentali, qui l’artista si appropria dell’oggetto quotidiano che rappresenta per lui l’eccesso e lo spreco, e lo erige a vittima sacrificale.
Passerà dunque presto dalla pittura all’uso dell’oggetto e quindi alle memorabili installazioni che ci parlano di pluralismo e di ciò che lui nomina la transesperienza, un modo di pensare transculturale, luogo questo di attrito tra differenti culture, si basa su tre concetti, quali: residenza, risonanza e resistenza, per ognuno dei quali si possono riscontrare più opere di riferimento. Per lui l’oggetto più banale, da tavoli, a materassi, a sedie acquista nuovi significati e ci spiega la vita, l’umanità, e un modo nuovo, a volte lungimirante di rivedere, ripensare le società. Vedi, Round Table – Side by side (1997), che mostra due tavoli in legno uniti e circondati da sedie orientali e occidentali. L’opera rivela la difficoltà del dialogo interculturale, che Chen Zhen ha descritto come “metafora dell’equivoco eterno, che deriva dalla constatazione che il desiderio d’interazione è spesso ostacolato dalla mancanza di un vero e proprio superamento delle differenze tra culture e ideologie”. Dichiarò a suo tempo Chen Zhen.
Presenti qui anche opere come Beyond the Vulnerability, (1999) un progetto realizzato con i bambini delle favelas di Salvador de Bahia, con i quali ha creato un paesaggio immaginario composto da piccole case coloratissime fatte di candele, per una presa di coscienza della ricchezza dell’eredità culturale del popolo nativo ma anche delle forti disparità sociali. Sulla stessa scia bella la serie realizzata in seno alla comunità degli shakers del Maine negli Stati Uniti, in cui l’artista realizza ogni giorno un disegno a mo’ di diario. Tra gli eventi da non perdere, la pubblicazione, in versione inglese e francese, del Catalogue raisonné de Chen Zhen (1997-1996) e un’opera maggiore quale Purification Room di Chen Zhen esposta al 104, grazie ad una collaborazione tra Galleria Continua e lo spazio multimediale parigino.
Livia de Leoni
mostra visitata il 26 aprile
Dal 26 aprile al 7 giugno
Chen Zhen, Fragments d’éternité
Galerie Perrotin
76 rue Turenne, Parigi
Orari:dal martedì al sabato dalle 11 alle 19