L’arte contemporanea a Praga è ancora per certi versi un dettaglio nascosto, affidato all’attenzione di gruppi di più o meno giovani artisti o coltivato come cosa preziosa nei meandri dei circuiti alternativi, quali caffè, spazi in disuso, piccole gallerie in edifici fin de siècle. La mostra di Eugenio Percossi, che si tiene in questi giorni a Radost, noto locale della capitale boema, ne è un esempio significativo. Alle pareti della sala del Caffè, le sue grandi tele, si snodano come pellicole dal sapore cinematografico, rigorosamente in bianco e nero, ammiccanti oggetti portatori di un inquietante messaggio.
Le immagini sono quelle tranquillizzanti di ritratti di famiglia d’inizio secolo, uomini in divisa, donne con capelli corti e abiti alla francese, bambini vestiti alla marinaretta. Immagini immortalate più di un secolo fa da ignoti fotografi o più semplicemente da genitori affettuosi che ritraggono quasi morbosamente ogni dettaglio della vita familiare. Percossi scava negli archivi della memoria della gente, cerca tra il ciarpame dei piccoli antiquari la traccia di persone ormai scomparse, il cui solo ricordo è affidato allo scatto fotografico. La vita degli altri, o più precisamente ciò che ne rimane è tra le materie prime del lavoro di Percossi. Quelli che a prima vista possono apparire dei semplici ed innocenti souvenir sono rielaborati dall’artista e restituiti in ciò che realmente sono: immagini inquietanti e portatrici di morte.
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Molto interessante l'artista e anche il fatto che recensiate una mostra all'estero.
Brava Paola!
Potete mettermi in contatto con Eugenio Percossi? Grazie