Nel 1996 Aligi Sassu (Milano, 1912 – Pollensa, Maiorca, 2000), insieme alla moglie Helenita Olivares, donò 362 opere al comune di Lugano. Lavori che andarono a formare la collezione Sassu Olivares, la più importante e consistente raccolta sul lavoro dell’artista, che permette di studiare il lavoro di tutta una vita. La curatrice Alessia Giglio ha selezionato 30 opere, ora esposte presso la bella Villa Ciani, calata nel verde del parco costeggiante il lago, che sono simbolo ed emblema delle varie fasi artistiche attraversate da Sassu e testimoni dei motivi più ricorrenti della sua produzione.
L’inizio futurista lo vede erede delle suggestioni boccioniane con Uomo che si Abbevera alla Sorgente (1928) in cui il gioco dei volumi e delle linee deriva chiaramente dalla dinamica futurista. Nel 1928 firma con Bruno Munari il manifesto Dinamismo e Riforma Muscolare col quale si sancisce l’avvento di un nuovo uomo, dal corpo antropomeccanico, muscoloso e forte, un colosso di potenza portatore di nuovi valori e nuova forza. Nel quadro I Minatori, le figure umane si riconoscono a stento, ma di esse spiccano le braccia possenti che lottano contro la resistenza della terra in una gamma di colori intensi e fiammanti.
Successivamente l’artista adotta un’impostazione primitivista, con oggetti e corpi arcaicizzanti, spogliati da orpelli e decorazioni superflue, ma colti nello loro candida essenza di figure universali. Sassu non dipinge il singolo individuo; ogni figura incarna l’intera condizione umana e il suo destino. Il tema della lotta per la sopravvivenza, della fatica del vivere, si legge nella rappresentazione dello sport, nei numerosi dipinti dedicati ai ciclisti (lui stesso fu un grande appassionato di ciclismo). nei ritratti dei pugili (Il Pugilatore) e dei calciatori. In I giocatori di Dadi I (1931) invece, altri uomini rossi e incandescenti sfidano il fato sperando nella vittoria.
Lo stile di Sassu, abbandonando le istanze futuriste, abbraccia il realismo ma si avvicina anche alle correnti espressionistiche per la forza dei colori. Manca però l’eccesso di drammaticità degli espressionisti e compare un controllo più misurato dell’emozione.
Nel 1934 l’artista è a Parigi, dove la sua tecnica cambia, aprendosi a nuove suggestioni, che rendono le forme più sinuose e i colori più sfumati e armoniosi. Anche i temi mutano e compaiono i soggetti dei caffè (Il Grande Caffè, 1939), con i mille avventori in abiti festosi ed eleganti, e le scene delle case di appuntamento, come la serie della Maison Tellier, dove donne discinte aspettano languidamente e tristemente i clienti (La Mezzana, L’Attesa). Evidente l’influsso degli impressionisti francesi e di autori come Delacroix, Courbet, Renoir e Cézanne.
Nel 1936 Sassu apre uno studio vicino a Maiorca e rimane folgorato dalla pittura spagnola di cui imita l’intensità e i motivi. Nel Pase de Pecho (1964) l’agonia della morte del toro è sottolineata dal rosso cupo dell’animale, dal colore sanguigno del cielo e dal movimento del corpo, che narra lo spasmo e l’ultima inutile lotta. Scene della corrida e dei picadores si alternano a quadri di impegno politico, come Spagna1937 (1939) raffigurante la fucilazione di alcuni dissidenti politici.
L’ultima sala raccoglie invece opere vicine al realismo magico, intriso di tinte espressioniste nel fulgore dei colori quasi fosforescenti. L’Apparizione (1978) o il mito di Pasifae e il Minotauro (1981) nell’idillio del mare blu e del verde dei boschi, ricordano il mondo fantastico su cui è stata costruito l’intero mito del mondo occidentale.
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