Sembra una contraddizione in termini il titolo di questa mostra, in quanto l’arte impressionista è spesso associata al
plein air, con albe, tramonti, paesaggi, feste in riva al fiume e
déjeuner sur l’herbe. Nonostante il predominante interesse per la pittura all’aperto, gli impressionisti aspiravano però a essere pittori moderni e quindi pittori della
vie moderne, quella che durante gli anni ‘70 e ‘80 del XIX secolo si svolgeva per la maggior parte fra le mura di casa, ma anche in bar e teatri.
Lo sviluppo urbano di Parigi fu essenziale per lo sviluppo del concetto di
interno impressionista: mentre la città moderna veniva celebrata in arte e letteratura, l’idea di casa era idealizzata come ritiro privato, opposto all’anonimità urbana. Gli impressionisti rappresentarono interni domestici con amici e familiari in pose informali, rilassati sul divano (
Jeune femme en blanc lisant, 1873, di
Renoir) o sognanti sul letto (
A letto, 1878, di
Zandomeneghi e il dipinto del 1881 di
Gauguin). Nella seconda parte del secolo, l’interno dell’abitazione della classe media assunse anche un altro significato: gli oggetti collezionati ed esposti indicavano il gusto, gli interessi e le passate esperienze della persona rappresentata.
Anche se la mostra si concentra sugli interni, non si può negare che l’esperienza della pittura all’aria aperta sia stata prioritaria per artisti come
Monet, Morisot, Renoir e
Pissarro, e che dunque finestre, balconi e soglie occupino un posto speciale nella pittura impressionista di interni. Nel ritratto che
Berte Morisot fece del marito
Eugène Manet mentre erano in vacanza al mare, per esempio, la vista dell’esterno con il giardino, la passeggiata e il porto dalla finestra dalla quale il pittore si affaccia predomina sull’interno. Allo stesso modo, donne in contemplazione e solitarie sono spesso rappresentate nella sala da disegno, luogo femminile per eccellenza, vicino a una finestra o a un balcone, che segna il confine fra mondo interiore e mondo esterno, come nel ritratto della sorella dell’artista
alla finestra di Berte Morisot.
A volte, quando la donna è rappresentata in compagnia, lo spazio che occupa è chiaramente distinto da quello abitato dall’uomo, come nell’
Intérieur à Arcachon (1871) di
Édouard Manet, dove lo spazio di Madame Manet è ornamentale per la presenza del camino, dello specchio, dell’orologio, dei cuscini e del tappeto, mentre quello occupato dal figlio Léon è al confronto spartano.
A partire dalla metà del XIX secolo, il tema dell’uomo fra le pareti domestiche assume una particolare importanza in quanto, durante il conservatore regno di Napoleone III e i primi anni della Terza Repubblica, l’identità mascolina della casa era stata trascurata. Per resuscitare questo sentimento, i pittori impressionisti non rappresentano, così come facevano gli artisti che esponevano all’annuale
Salon, le donne come un oggetto decorativo fra gli altri posseduti dall’uomo, e nemmeno eventi sociali con numerosi ospiti.
I temi selezionati dagli impressionisti spesso implicano isolamento e ricerca interiore, come ascoltare musica (si veda il dipinto dell’abitazione in rue Carcel di Gauguin, datato 1881), leggere, disegnare. Spesso gli uomini sono soli in spazi tradizionalmente classificati come maschili, come lo studio, e altrettanto spesso un cospicuo silenzio accompagna la rappresentazione. In uno studio si svolge
Il broncio (1870 ca.), una delle più enigmatiche opere di
Degas, l’artista degli interni e delle interazioni umane per eccellenza. Protagonisti sono una donna e un uomo che volgono le teste in direzione opposta e sembrano colti in un momento di stasi del loro rapporto.
Fra gli interni dei pittori post-impressionisti che occupano l’ultima sala, una tela del 1901 di
Vuillard ritrae una figura che siede rilassata in poltrona accanto a un camino e legge un quotidiano, a rappresentare perfettamente e finalmente l’incontro di atteggiamenti maschili e femminili. Poiché si tratta della madre del pittore.