Dopo le rassegne a Parigi, ecco che a Londra tre mostre concentrano la loro attenzione sull’arte italiana, in particolare su Giorgio Morandi sull’Arte Povera degli anni ‘60.
Alla Tate Modern e alla Estorick Collection of Modern Italian Art, due mostre tra di loro complementari sono dedicate al maestro bolognese, che pur non essendo quasi mai uscito dai confini della sua Bologna, ha influenzato l’arte contemporanea internazionale.
Nel nuovo tempio dell’arte contemporanea, che in un solo anno di apertura ha attirato 5 milioni di visitatori, l’esposizione dal titolo “Giorgio Morandi…” mira ad indagare soprattutto l’ultima fase della produzione artistica del maestro, dal secondo dopoguerra sino al termine della sua vita. Questa mostra, che in autunno si trasferirà al Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi, è stata pensata, voluta ed organizzata da due curatori della Tate stessa, Donna De Salvo e Matthew Gale, che hanno cercato di presentare un modo nuovo di indagare l’arte di questo grande pittore italiano.
Cinquattaquattro dipinti e trenta opere su carta circa, sono esposte in quattro sezioni che illustrano il lavoro di Morandi su alcuni temi chiave: Architettura in cui si analizza il linguaggio di Morandi rispetto alla forma nello spazio; Serie, in cui si indagano le sottili variazioni sugli stessi soggetti; Scala, che mostra la diversità degli oggetti al variare della distanza e delle prospettiva e Angolo, che indaga armonia compositiva e relazione spaziale tra pieni e vuoti.
Il filo logico della mostra prende il via sostanzialmente dal 1946, per concentrarsi maggiormente sugli ultimi nove anni di attività del maestro. Non manca tuttavia un accenno, breve, alla sua precedente attività, di cui si dà conto esponendo due quadri relativi al periodo di accostamento alla Metafisica, e due nature morte, realizzate tra il ’38 e il ’40, quando si era avvicinato al mondo di Soffici e Rosai. Dopo questi, vediamo come Morandi cominci a semplificare le sue composizioni, e i come i colori si modifichino, per diventare più piani, meno vistosi, più intimi. Da questo momento parte una sua riflessione sull’oggetto che lo accompagnerà sino alla fine, sordo ad altre influenze esterne. Le sue tele avranno dimensioni ridotte, e così il numero degli oggetti rappresentati. Comincerà il periodo delle serie, come ad esempio quelle della nature morte con panno giallo, esposte in mostra.
Sempre alla Tate Modern, dal 1 giugno sarà aperta la mostra Zero to Infinity, Arte Povera 1962-1972. Questo si preannuncia come un grande evento culturale, del quale Exibart non mancherà di parlare.
L’esposizione è accompagnata da una serie di attività correlate alla mostra sull’Arte Povera, di cui è consultabile il programma nel sito web del museo.
Differente e più particolare il filo conduttore della esposizione della Estorick Collection Giorgio Morandi: the Collectors’ eye, legato al rapporto personale di amicizia e reciproca stima intauratosi tra Morandi e Roberto Longhi, che divenne un collezionista appassionato delle opere del maestro bolognese. Il cuore della mostra è costituito infatti da nove dipinti provenienti dalla Fondazione Longhi di Firenze. Altri due dipinti esposti, Paesaggio (1935) e Paesaggio (1943) già di proprietà di Roberto Longhi, furono da questi donati a due amici, il prof. Noferi e il critico Bigongiari. Accanto a questi sono in mostra alcune opere su carta di proprietà della Estorick stessa, più un Paesaggio (1936) già di proprietà della Raccolta Alberto Della Ragione.
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Giorgio Morandi
Link correlati:
www.tatemodern.uk
www.estorickcollection.com/
Silvia Giabbani
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Lo considero uno dei più grandi pittori di tutti i tempi.
prof. Salvatore Puggioni