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21
novembre 2008
fino al 12.XII.2008 Lucian Freud London, Hazlitt Holland-Hibbert
around
C’era una volta un vivido colorista. Che scrutava gli oggetti con ferocia, e allo stesso modo amici e amanti. Prima che i corpi si facessero debordanti e prima che venisse il fatidico 1958. In mostra a Londra, il Freud giovanile...
Per noi abituati all’immateriale mortalità dei suoi nudi monumentali, abbandonati su letti disfatti, contenuti a fatica da divani troppo piccoli, una mostra dedicata alle opere giovanili di Lucian Freud (Berlino, 1922; vive a Londra) appare sorprendentemente nuova.
Curata da David Dawson, assistente e modello dell’artista, con la collaborazione di Catherine Lampert, curatrice della grande retrospettiva di Dublino nel 2007, Early works 1940-1958 a Hazlitt Holland-Hibbert di Londra è la prima mostra dedicata interamente ai primi lavori dell’artista tedesco. Attraverso una selezione di opere provenienti da collezioni private di tutto il mondo (alcune mai apparse in pubblico prima d’ora) e disegni e fotografie, la mostra segue l’evoluzione della visione artistica di Freud, dagli anni in cui si dedicava a fissare il soggetto esaminandolo da vicino agli anni in cui decide di liberasi da questo modo di lavorare.
Nipote di Sigmund Freud, Lucian abbandona la Germania nel ‘33 quando, in seguito all’ascesa al potere di Adolf Hitler, la sua famiglia si trasferisce in Gran Bretagna. Precocemente dotato, Freud sviluppa presto uno stile individuale che ha portato la critica (o parte di essa) ad associarlo alla grande tradizione germanica, non tanto alla meticolosa precisione protestante di Dürer e Grünewald, quanto ai suoi immediati predecessori della Neue Sachlichkeit. Vero è che Freud abbandona la Germania appena undicenne, ma un’opera come The Village boys (1942) racconta dell’influenza di Otto Dix, George Grosz e soprattutto Christian Schad. Influenza che l’artista può aver assorbito successivamente, attraverso la mediazione di Cedric Morris, di cui diventa pupillo alla East Anglian School of Painting and Drawing di Dedham.
In realtà, in quegli anni Freud sta ancora cercando la sua strada e, attraverso la sperimentazione con tradizioni pittoriche stabilite, si sforza di dar voce a una visione ancora allo stato embrionale, ma in cui la convinzione che l’arte sia il frutto della continua interrogazione della realtà appare già formata. E questo sforzo è evidente già dalle prime opere, quelle degli anni ‘40. Di dimensioni ridotte – alcune grandi come un foglio A4 – e realizzate con piccole pennellate precise, racchiuse da linee severe, sono caratterizzate da un colorismo feroce e da un’esattezza spietata, quasi crudele, che riduce i soggetti a caricature frontali dagli occhi immensi che scrutano nel profondo dell’anima, come quelli della ragazza in nero di Girl in a Dark Jacket (1947).
I soggetti prediletti da Freud sono le persone della sua vita: famigliari, altri pittori, amanti, bambini e, naturalmente, gli amici come il poeta Stephen Spender, che Freud ritrae quando era appena diciassettenne. E sebbene produca anche dipinti da cui la figura umana è assente e che hanno come soggetto frutta, piante e animali, resi in uno stile virtuosamente post-impressionista (come mostra il piumaggio scrupolosamente analizzato dell’airone di Dead Heron, 1945), il ritratto rimane sempre il fulcro della sua arte.
In Portrait of a Man (John Craxton) (1954), i colori lividi, lo stile lineare, quasi grafico e la straordinaria intensità dello sguardo anticipano il cambiamento di direzione del 1958, quando Freud comincia a dipingere ritratti e nudi utilizzando i toni smorzati, abbandonando il disegno preparatorio per maneggiare un colore più pastoso in modo più scorrevole.
Scrigno colmo di ricordi passati, questa mostra racconta quale brillante colorista fosse Freud prima che il tempo e la sua ambizione lo portassero a elaborare quel linguaggio dominato dalle laboriose trascrizioni di dettagli per cui è noto. Una decisione cosciente quella di Freud, costruita su ciò che l’artista aveva già ottenuto con queste piccole, agguerrite figure.
Curata da David Dawson, assistente e modello dell’artista, con la collaborazione di Catherine Lampert, curatrice della grande retrospettiva di Dublino nel 2007, Early works 1940-1958 a Hazlitt Holland-Hibbert di Londra è la prima mostra dedicata interamente ai primi lavori dell’artista tedesco. Attraverso una selezione di opere provenienti da collezioni private di tutto il mondo (alcune mai apparse in pubblico prima d’ora) e disegni e fotografie, la mostra segue l’evoluzione della visione artistica di Freud, dagli anni in cui si dedicava a fissare il soggetto esaminandolo da vicino agli anni in cui decide di liberasi da questo modo di lavorare.
Nipote di Sigmund Freud, Lucian abbandona la Germania nel ‘33 quando, in seguito all’ascesa al potere di Adolf Hitler, la sua famiglia si trasferisce in Gran Bretagna. Precocemente dotato, Freud sviluppa presto uno stile individuale che ha portato la critica (o parte di essa) ad associarlo alla grande tradizione germanica, non tanto alla meticolosa precisione protestante di Dürer e Grünewald, quanto ai suoi immediati predecessori della Neue Sachlichkeit. Vero è che Freud abbandona la Germania appena undicenne, ma un’opera come The Village boys (1942) racconta dell’influenza di Otto Dix, George Grosz e soprattutto Christian Schad. Influenza che l’artista può aver assorbito successivamente, attraverso la mediazione di Cedric Morris, di cui diventa pupillo alla East Anglian School of Painting and Drawing di Dedham.
In realtà, in quegli anni Freud sta ancora cercando la sua strada e, attraverso la sperimentazione con tradizioni pittoriche stabilite, si sforza di dar voce a una visione ancora allo stato embrionale, ma in cui la convinzione che l’arte sia il frutto della continua interrogazione della realtà appare già formata. E questo sforzo è evidente già dalle prime opere, quelle degli anni ‘40. Di dimensioni ridotte – alcune grandi come un foglio A4 – e realizzate con piccole pennellate precise, racchiuse da linee severe, sono caratterizzate da un colorismo feroce e da un’esattezza spietata, quasi crudele, che riduce i soggetti a caricature frontali dagli occhi immensi che scrutano nel profondo dell’anima, come quelli della ragazza in nero di Girl in a Dark Jacket (1947).
I soggetti prediletti da Freud sono le persone della sua vita: famigliari, altri pittori, amanti, bambini e, naturalmente, gli amici come il poeta Stephen Spender, che Freud ritrae quando era appena diciassettenne. E sebbene produca anche dipinti da cui la figura umana è assente e che hanno come soggetto frutta, piante e animali, resi in uno stile virtuosamente post-impressionista (come mostra il piumaggio scrupolosamente analizzato dell’airone di Dead Heron, 1945), il ritratto rimane sempre il fulcro della sua arte.
In Portrait of a Man (John Craxton) (1954), i colori lividi, lo stile lineare, quasi grafico e la straordinaria intensità dello sguardo anticipano il cambiamento di direzione del 1958, quando Freud comincia a dipingere ritratti e nudi utilizzando i toni smorzati, abbandonando il disegno preparatorio per maneggiare un colore più pastoso in modo più scorrevole.
Scrigno colmo di ricordi passati, questa mostra racconta quale brillante colorista fosse Freud prima che il tempo e la sua ambizione lo portassero a elaborare quel linguaggio dominato dalle laboriose trascrizioni di dettagli per cui è noto. Una decisione cosciente quella di Freud, costruita su ciò che l’artista aveva già ottenuto con queste piccole, agguerrite figure.
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mostra visitata il 4 novembre 2008
dal 9 ottobre al 12 dicembre 2008
Lucian Freud – Early Works 1940-1958
a cura di David Dawson e Catherine Lampert
38 Bury Street (St James’s) – SW1Y 6BB London
Orario: da lunedì a martedì ore 9.00-17.30
Ingresso: libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +44 02078397600; fax +44 02078397255; info@hh-h.com; www.hh-h.com
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