Categorie: around

fino al 13.IV. 2008 | Saul Leiter | Paris, Fondation Henri Cartier-Bresson

di - 4 Aprile 2008
Fotografare è per Saul Leiter (Pittsburgh, 1943), sulla scia di Cartier-Bresson, inseguire “il momento decisivo”: “Non essere certi di quello che si vede. Quando non si sa perché si è fatta una fotografia, perché la si guarda e poi d’un tratto si scopre qualcosa, si comincia a vedere”. Sorpresi, sorprendersi a guardare il mondo come non lo si era mai visto prima -sguardo estatico, genuino, rapito- in questa intuizione o ferita della percezione, nella fessura o spiraglio improvviso che s’apre l’istante dell’inatteso.
La poesia visiva di Leiter nasce da queste emergenze casuali attraverso l’indefinito/non-finito della materia. Sono le strade di New York, gli scorci, i luoghi e i volti di uomini e donne che incontra ogni giorno durante i vent’anni di vita a Harlem. L’immagine è scorta, trovata, arrestata nel caos del quotidiano, e ancora rubata, sottratta, scavata sulla superficie dell’ordinario. La visione dell’occhio rapido del fotografo assorbe eventi involontari, momenti fugaci nel tempo e nello spazio: “Mi sembra che cose misteriose possano accadere in luoghi familiari. Non si ha bisogno di girare il mondo per trovarle”.
Inquadrature oblique, complesse intersezioni di piani, “mise en abyme” usando filtri alla visione; astrazioni di soggetti, squarci inusuali o effetti ottici che sconvolgono le nostre coordinate percettive abituali. Si guarda da dietro i vetri di un’auto, all’angolo di una strada, dissimulati nel traffico urbano, attraverso le vetrine di un negozio. Il fotografo americano esplora una percezione sottile, riflessa, introspettiva, fantomatica quasi su soggetti del quotidiano, sperimentando modi non convenzionali di porre l’obiettivo: l’asimmetria di visioni oblique, la sfocatura intenzionale, la sovrapposizione e la frammentazione di piani influenzato anche dall’intimismo di pittori europeo come Bonnard e Vuillard. Fotografie come Walking (1956) o Shopper (1953) riconducono il colore e il movimento a forme libere e semi-astratte; figure riflesse sui vetri dissolvono in forme sfuocate, evanescenti, fuori dal tempo, intangibili quasi allo sguardo.
Squarci inusuali appaiono in Dog in a doorway, dove un piano obliquamente tagliato s’apre simile a una fenditura sul nero: visione d’un istante d’immobilità nell’ingresso di una casa che rimanda inconsapevolmente alle atmosfere oniriche della metafisica italiana. In Walking, il profilo del corpo è visibile da dietro una vetrina come il riflesso dell’immagine rovesciata in uno specchio. L’astrazione della forma gioca sul contrasto tra la linea del suo contorno e la massa della forma diluita, irraggiungibile, tendente quasi all’informe e come imprigionata dentro lo specchio della visione.
In Shopper, la vetrina dove si riflette la figura è tagliata in tre sezioni ricomposte che non coincidono mai perfettamente. Ancora l’ombra di una presenza fantomatica, sfocata, illocalizzabile è distanziata come attraverso l’effetto di uno specchio dentro lo specchio. Teatro dello sguardo dove noi spettatori siamo chiamati ad affacciarci per un istante.

elisa castagnoli
mostra visitata il 23 marzo 2007


dal 17 gennaio al 13 aprile 2008
Saul Leiter
Fondation Henri Cartier-Bresson
2, impasse Lebouis – 75014 Paris
Orario: da martedì a domenica ore 13-18.30; mercoledì fino alle 20.30
Ingresso: intero € 6; ridotto € 3
Info: tel. +33 0156805700; contact@henrycartierbresson.org; www.henrycartierbresson.org

[exibart]

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