La pittura come â
forza del passatoâ. Una forma espressiva in grado di conciliare tradizione e modernitĂ , coinvolgendole in un dialogo ininterrotto e programmaticamente
irrisolto. Ă questa la chiave di lettura scelta da Lioba Reddeker, curatrice di questa collettiva tutta italiana allâHangar-7 di Salisburgo.
Lo spazio, un vero hangar voluto da Dietrich Mateschitz, fondatore della nota marca di energy drinks Red Bull, è insolito e scenografico. Quattromila metri quadri di vetro e acciaio che, dal 2003, ospitano stabilmente una collezione di aeroplani storici, macchine da corsa, tre bar e un ristorante di lusso. E dal 2005 anche un programma stabile di mostre dâarte contemporanea, di cui questa collettiva rappresenta la tredicesima tappa.
Il comune denominatore, oltre alla nazionalitĂ (ogni mostra della serie è un focus su un Paese), risiede nella scelta del mezzo espressivo: la pittura figurativa. Gli otto artisti che compongono la âsquadraâ italica, selezionati partendo dalla visione di oltre cento portfoli seguita da un (grand) tour negli studi, esprimono modalitĂ di utilizzo del mezzo pittorico profondamente diverse tra loro. Una libertĂ di approccio che scaturisce da quello che Gianni Romano, nel testo in catalogo, definisce un â
atteggiamento postmedialeâ. Un contesto nel quale la pittura va ad affiancarsi agli altri linguaggi e non si configura nĂŠ come scelta conservatrice nĂŠ tantomeno come
residuo.
Il percorso della mostra si apre con i racconti mediterranei di
Francesco Lauretta, in bilico tra la rappresentazione di una realtĂ siciliana fin troppo riconoscibile e la sua trasfigurazione attraverso citazioni ed elementi stranianti. Apocalittici e coraggiosamente
romantici i paesaggi dellâaltro siciliano del gruppo,
Francesco De Grandi, unico a sconfinare dallo spazio deputato allâesposizione con unâinfilata di grandi tele sulla balconata dal lato opposto dellâHangar.
Atmosfere di segno opposto negli olii
verdissimi di
Valentina DâAmaro, rigorosi nel loro trattenersi in bilico tra naturale e artificiale. Lâimmagine sprofonda â fino quasi a negarsi â nelle profonditĂ del nero nei lavori di
Alessandro Ceresoli, che, insieme al romano
Pietro Ruffo, presenta un toccante progetto sulla malattia mentale, rappresenta lâala piĂš âconcettualeâ.
Inquietante e fiabesco lâimmaginario di
Gabriele Arruzzo, che nei suoi grandi acrilici mescola storie e mitologie, incubi e simboli. Meno convincenti le prove di
Francesca Pizzo, che inciampa in quello che sembrerebbe un eccesso di compiacimento nella costruzione dellâimmagine, e di
Sibylle Trafoier, la cui pittura, pur capace di un potenziale emotivo non comune, finisce per scontare le derive psicologiste.