Una grande mostra museale non è una mera accumulazione di
opere, ma deve fornire un taglio critico che aiuti a leggere o rileggere
l’opera dell’artista. Come d’uso a Lugano, l’esposizione dedicata a Robert
Mapplethorpe (New
York, 1946 – Boston, 1989) riesce in tale intento, sottraendo il grande
fotografo al progressivo slittamento della sua fondamentale opera verso lo
stereotipo (senza colpe da parte dell’autore, beninteso). Il Mapplethorpe
esposto al Museo d’Arte non è un cantore del sesso o della bellezza fine a se
stessa, bensì un artista-intellettuale che supera le logiche della fotografia
in quanto tale e riflette sulla storia dell’arte.
Le cinque sezioni della mostra illuminano di taglio le sue
fotografie, fornendo una lettura trasversale che le accosta a capolavori
dell’arte antica e del Novecento. La prima parte indaga uno degli aspetti più
visibili, la consonanza fra i corpi statuari di Mapplethorpe e il trattamento
della figura nell’arte classica e Rinascimentale (a dimostrazione di ciò sono
esposte anche opere di Michelangelo e Pontormo).
statuaria fotografica di Mapplethorpe, che privilegia metodi perturbanti come
il non finito, elemento che avvalora ulteriormente l’accostamento con
Michelangelo. Inoltre, una geometria di chiaro segno modernista e a tratti postmodernista
dichiara a gran voce la volontà almeno in parte progressiva del classicismo del
fotografo. Approfondiscono poi questi temi la sezione che evidenzia la natura
scultorea degli scatti dello statunitense e quella sulla “geometria della
forma”.
La quarta parte esplora lo sdoppiamento, la serialità e la
ripetizione in Mapplethorpe, con lo straordinario contraltare delle Sedie
elettriche di Warhol. Ma il vero scatto narrativo
giunge con l’ultima parte: qui la mostra ha come un punto di rottura, come fosse
un racconto che accelera d’improvviso il suo ritmo. Un corpo arcuato, con la
testa fuori dall’inquadratura, apre Il frammento come forma. Si tratta di una vera e propria
decapitazione, che rende d’improvviso evidente l’affinità quasi citazionista dello
statunitense con la fotografia surrealista. E qui rientra il politico in una
mostra che poteva sembrare formalista, per quanto nobilmente: le storture
imposte al corpo da Man Ray e compagni e poi da Mapplethorpe, le solarizzazioni che
feriscono, le decapitazioni simboliche sono un simbolo adatto ancora oggi a
rappresentare le pressioni subite dall’individuo.
Il confronto fra le opere di Man Ray e Mapplethorpe che
chiude la mostra di Lugano è, fra l’altro, il viatico ideale per la mostra che,
in contemporanea a quella di Lugano, la Fondazione Marconi di Milano dedica ai
due artisti.
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a cura di
Bruno Corà, Franca Falletti e Jonathan Nelson
Museo d’Arte
Riva Caccia, 5 – 6900 Lugano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18
Ingresso: intero € 8; ridotto € 5
Catalogo teNeues
Info: tel. +41 0588667214; fax +41 0588667497;
info.mda@lugano.ch; www.mda.lugano.ch
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