Tutti conoscono il marchio
Made in China. Ciò che pochi conoscono nel mondo occidentale è la reale forza creativa della Cina moderna. Prevista per decenni da storici, economisti e politologi, l’ascesa economica della Cina procede tuttora a ritmo sostenuto. La crescita di prestigio ha creato lo spazio mentale per lo sviluppo di altri parametri di tipo culturale ed estetico, aprendo le immense possibilità del Paese a un mercato fino a oggi quasi sconosciuto: il design.
China Design Now si propone di catturare la nuova e dinamica fase che di recente ha visto l’esplosione del
new design in Cina attraverso le opere di cento creativi, per la maggioranza cinesi.
Suddivisa in tre sezioni (
Frontier city,
Dream city e
Future city), la mostra è concepita come un viaggio da sud a nord, che esplora l’impatto del rapido sviluppo economico sull’architettura e il design delle tre maggiori città cinesi: Shenzhen, il distretto economico artefice dell’apertura della Cina al mondo occidentale; Shanghai, la “capitale stilistica” del Paese; Pechino, sede imperiale dal 1420, cuore politico e culturale della Cina, che quest’anno ospiterà i discussi Giochi Olimpici. Tre città in rapida espansione, tre punti di partenza per un itinerario che si propone di offrire una panoramica dei sogni e delle speranze di questa grande nazione.
Una nazione che, fino a vent’anni fa, non contemplava tra i suoi vocaboli la parola “designer”; negli anni della Rivoluzione Culturale si chiamava
meigong, artista-lavoratore, e operava in fabbriche di proprietà dello Stato. Decenni di guerre, invasioni, rivoluzioni hanno dotato lo sviluppo culturale cinese di un’urgenza espressiva che solo chi troppo a lungo è stato costretto in cattività possiede. E il risultato si materializza in oggetti prima impensabili, come gli iconici
The people skateboards con motivi maoisti, prodotti nel 2001 da
Raph Cooper per la Society di Pechino.
Se negli anni ‘60 e ‘70 le “quattro grandi cose” (
sidajian) che il popolo cinese aveva identificato come simboli di successo erano la bicicletta, la macchina da cucire, l’orologio e la radio, al giorno d’oggi sono la casa, l’automobile, il telefonino e, naturalmente, Intenet. E ciò che rende queste cose speciali sono la libertà e il grado di autonomia che rappresentano per il cinese medio.
Le trasformazioni politiche ed economiche avvenute a partite dagli anni ‘80 e ‘90 hanno portato alla creazione di una classe media urbana affamata di consumismo. I media e sopratutto il cinema hanno contribuito non poco a promuovere nuove tendenze, accomunate da un ritorno al passato, anche recente. Come la rinascita del
qipao, il costume tipico femminile, nel patinato film
In the mood for love del regista
Kar Wai Wong; e come i poster con ideogrammi reinterpretati con affettuosa ironia da
Chen Shaohua.
Alle vecchie strutture di potere se ne sono sostituite altre. E ai vecchi simboli se ne sono sostituiti dei nuovi, che parlano di potere economico e nuova ricchezza venuta dall’Occidente. Come il nuovo aereoporto progettato da
Norman Foster nel 2003 o l’iconica struttura in acciaio dello Stadio Olimpico di Pechino, ideata dagli svizzeri
Herzog & de Meuron.
In un Paese che in fatto di sviluppo ha spinto il tasto dell’avanzamento veloce, il nuovo design diventa per artisti e architetti il simbolo stesso di una nuova individualità, personale e della Cina. Una Cina nuova e moderna.