L’attenzione allo specifico carattere dei luoghi visitati si ritrova già nell’unico film che Michael Craig-Martin (Dublin, 1941) ha realizzato nel 1963, mentre era in viaggio in Irlanda. Cresciuto ed educato negli Stati Uniti, l’artista ha potuto essere testimone della nascita dell’arte concettuale. Trasferitosi a Londra nel ‘66, ha contribuito allo sviluppo di questa tendenza con l’opera An Oak Tree (1973), un bicchiere d’acqua posto su una mensola ed accompagnato da un testo in cui si afferma la supremazia dell’intenzione dell’artista sullo stesso oggetto. In questa opera sono già presenti alcune delle idee che accompagneranno tutta la successiva produzione artistica di Craig-Martin: la preferenza per gli oggetti quotidiani, lo studio della relazione spaziale fra di essi, un desiderio di chiarezza e semplicità.
La frustrazione di Box that never closes (1967) e l’instabilità di On the Table e On the Shelf (entrambe del 1970) vengono superate dall’artista con la pratica di disegnare gli oggetti. Il disegno, realizzato in un primo momento con il neon (profetica per l’immagine del libro e della lampada è Reading Light, 1975), fa la sua apparizione attraverso la riproduzione degli oggetti rappresentati nelle piccole pitture di paesaggio o nature morte che l’artista acquistava in Portobello Road e attaccava alla parte superiore delle tele (Painting and Picturing, 1978).
Dall’austerità del bianco e nero Craig-Martin si allontana all’inizio degli anni Ottanta attraverso l’introduzione del colore nelle sue sculture in rilievo che, allontanandosi dal muro solo di pochi centimetri (Modern(e) Muses 1 &2, 1981), dichiarano l’influenza dell’opera di Julian Opie, in quegli anni suo studente al Goldsmiths College. Altra scultura in rilievo con nota di colore presente in mostra è Instant Relief (1983) che, con l’immagine dei medicinali, richiama subito alla mente il tema che il suo allievo Damien Hirst indagherà poi a fondo durante gli anni Novanta.
Successivi studi sul colore e sulla relazione che gli oggetti intrattengono con lo sfondo e lo spazio che ospita l’opera condurranno all’installazione che nel 1993 ha trasformato l’intera galleria della British School di Roma. Delle numerose commissioni site-specific per gallerie e musei di tutto il mondo, il catalogo della mostra, scritto da Richard Long per la Thames & Hudson, offre una ricca e preziosa documentazione fotografica.
All’inizio di questo decennio l’artista ha arricchito il suo vocabolario ed ha introdotto nella sua opera oggetti provenienti dalla tecnologia e design contemporaneo.
Una preferenza per processi creativi meccanici e ripetitivi ha inoltre condotto l’artista ad utilizzare computer e software per un’operazione di decostruzione di due delle sue opere preferite: Bathers at Asnières di George Seurat e La Flagellazione di Piero della Francesca. Nonostante l’apparente complessità delle ultime opere, gli oggetti conservano sempre la loro costante semplicità.
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www.michaelcraig-martin.com
antonella guarracino
mostra visitata il 3 ottobre 2006
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