La prima personale dedicata in Europa a
Nalini Malani si apre con Transactions in the Construction of Pain (2005), video-installazione che alla 50. Biennale di Venezia chiudeva
iCon – Indian Contemporary e che sarà in mostra all’Hangar Bicocca dalla metà di ottobre. Sin dalla fine degli anni Sessanta, mito e dramma si sono mescolati nell’opera dell’artista indiana per raccontare la tragica storia, ancora non molto conosciuta, della nascita dell’India moderna, insieme alla sua personale esperienza di rifugiata. Nata a Karachi (oggi in Pakistan) nel 1946 (un anno prima della Partizione) Nalini Malani dovette infatti con la famiglia trasferirsi prima a Calcutta (oggi Kolkata) e poi a Bombay (dal 1997 Mumbai) dove ancora oggi vive.
Prendendo parte alle esposizioni che nel corso degli anni Ottanta hanno cambiato la scena artistica indiana e rifiutando le dominanti tendenze moderniste in favore della pittura figurativa, Malani ha affrontato temi come il fondamentalismo religioso, il sistema delle caste, la situazione delle donne nella moderna società indiana. Miti e iconografie internazionali (le eroine protagoniste dei suoi lavori provengono non solo dalla tradizione indiana ma anche da quella europea) le hanno consentito di creare opere rilevanti per la situazione storica e sociale indiana. L’innocente Alice di Carroll, la dea Indi Sita, la Medea della tragedia di Euripide e la poetessa ribelle del XII secolo Mahadeviyakka, pur non apparendo nella situazione che ci aspetteremmo (in Alice in the Map of Lohar Chawl, 2006, Alice passeggia nell’area di Bombay dedicata ai mercati generali) rappresentano le molteplici condizioni storiche ed esistenziali che l’artista desidera con il suo lavoro rappresentare.
Multimedialità e sperimentalismo contraddistinguono le opere più recenti. In Remembering Mad Meg, cilindri dipinti ma trasparenti proiettano ruotando immagini sul muro. La musica che accompagna la proiezione contribuisce notevolmente a coinvolgere il visitatore la cui ombra è proiettata sul muro con le altre. Ispirandosi all’opera del 1562 di
Pieter Bruegel il Vecchio, Nalini Malani ha sostituito la figura di Greta La Pazza, che guida un esercito di donne saccheggiatrici, con quella di un asessuato nomade che attraversa diversi tempi e luoghi storici. Quella che per Bruegel era un’allegoria della situazione politica di Antwerp, è stata poi estesa al XXI secolo grazie all’inserimento di video animazioni di una bambola meccanica e di particolari presi dai
Disastri della Guerra (1810-20) di
Francisco Goya.
Nonostante le recenti produzioni multimediali, pittura e disegno restano centrali nell’opera di Nalini Malani. Invitata quest’anno da Robert Storr a partecipare alla 52° edizione della Biennale di Venezia, l’artista ha presentato un esempio della sua particolare tecnica di pittura riversa su vetro che le consente di ottenere diversi effetti cromatici e di dare vitalità e fluidità ai racconti. Non c’è più traccia del carattere sacro che questa tecnica acquistò arrivando in India dalla Cina durante il XVIII secolo, poiché l’artista l’ha intenzionalmente cancellato, così come con la serie delle
Stories Retold (
Stories Retold: Mappings II, 2007) ha voluto che le tradizionali storie indiane comprendessero quelle moderne.