Tra gli eventi espositivi che negli ultimi anni si sono articolati intorno all’idea di opera site specific,
Monumenta non nasconde -anzi, esplicita sin dal titolo- la dimensione della sfida e della dismisura: ogni anno un artista è invitato a progettare un lavoro nell’immensa navata del Grand Palais, il celebre edificio in ferro e vetro sorto nell’anno 1900 per l’esposizione universale. E così Parigi eguaglia Londra che da tempo ha dedicato la Turbine Hall della Tate Modern alle installazioni monumentali.
Dopo
Anselm Kiefer, quest’anno è la volta di
Richard Serra (San Francisco, 1939). L’invito all’artista che ha iniziato la propria carriera addossando le une alle altre, come un castello di carte, quattro placche di piombo pesanti più di duecento chili ciascuna in
One Ton Prop (1969) poteva far pensare a un’accezione letterale di monumenta-lità. In effetti, entrando al Grand Palais non si può prescindere dalla riflessione che lo stesso Serra articola così prepotentemente sulla materia: cinque placche d’acciaio alte 17 metri e larghe 4 sono allineate come grandi totem lungo la navata unica dell’edificio, a sinistra e a destra dell’asse centrale, leggermente inclinate verso l’esterno o verso l’asse stessa.
La loro sagoma scura ed esile contro la luce della cupola di vetro alleggerisce in modo paradossale le 75 tonnellate di peso, tanto che ciascuna lastra pare oscillare via via che ci si avvicina. Eppure ,”
il soggetto del lavoro non sono queste grandi lastre nel vuoto, il soggetto è la tua esperienza di camminare dentro, attraverso e intorno all’intero campo: la tua esperienza di quest’opera nello spazio è il contenuto“, spiega lo stesso Serra nell’intelligente audioguida che raccoglie una ricca conversazione con l’artista.
Il titolo,
Promenade, rinvia alla reciprocità di spettatore, oggetto e campo, a un’esperienza di circolazione e interazione con lo spazio pubblico, cogliendo così il senso profondo di questo lavoro
in situ: lungi dall’essere una scultura monumentale, il lavoro opera una ridefinizione complessa dello spazio che lo accoglie. Lo spazio architettonico, anzitutto: l’asse orizzontale su cui si struttura la gotica verticalità dell’edificio diviene ora la linea sulla quale insistono le asimmetriche inclinazioni delle placche, a prefigurare un potenziale, rovinoso crollo.
A dispetto della mole,
Promenade è un lavoro sull’oscillazione e sulla crisi che investe anche un asse urbano cruciale: la navata del Grand Palais si colloca sulla linea che unisce idealmente le Tuileries, i giardini di quel Louvre che fu palazzo reale, passando per l’obelisco di piazza della Concorde, con l’Arco di Trionfo.
Su quest’asse importantissimo per il dispiegarsi della scenografia del potere oscillano le grandi placche di Serra e, in occasione di
Monumenta, anche l’opera
Clara-Clara, con le grandi curve d’acciaio aperte verso l’esterno, è tornata nei giardini delle Tuileries, come nel 1983. Una curva è inclinata verso lo spettatore, l’altra verso l’esterno: attraversando la scultura, gli Champs-Élysées e l’imponente obelisco egizio paiono oscillare pericolosamente.