Un grande tavolo circolare da summit politico accoglie lo spettatore nella prima personale inglese di
Saskia Holmkvist (Stoccolma, 1971). Siamo invitati a sederci. Di fronte a noi sono proiettati i due nuovi lavori video dell’artista svedese. Si tratta di brevi dialoghi per tre personaggi, interpretati dal medesimo trio di attori e scritti dalla stessa Holmkvist.
In
Role Control (2008), che dà il titolo all’intera mostra, un uomo e una donna parlano con un consulente della loro “situazione”. Quello che sembra però essere un colloquio di natura coniugale, sul finire del pezzo si rivela inaspettatamente un incontro politico: tutte le battute dei personaggi assumono all’improvviso un carattere ambiguo. Ambiguità che contraddistingue anche il dialogo gemello,
In Character (2008). In questo caso, il tono è quello di un’intervista di lavoro, che man mano assume il carattere sempre più opprimente di un interrogatorio. La natura quasi teatrale di questi brani esemplifica in maniera limpida la duplice valenza che la comunicazione contemporanea può assumere. La critica più tagliente è contenuta nella sorprendente similarità fra il piano personale e quello pubblico del linguaggio.
Proseguendo troviamo l’opera più famosa dell’artista. In
Interview with Saskia Holmkvist, realizzato nel 2005 presso il Moderna Museet di Stoccolma, quella che all’inizio sembra un’usuale intervista si rivela essere una lezione di “immagine mediatica”: Saskia Holmkvist spiega il proprio lavoro seguendo i suggerimenti di un’esperta in
media relation. In una
mise en abyme concettuale, ciò di cui si parla è il video stesso che si sta realizzando, il tutto nel segno di una
veridicità quanto mai artificiosa (“
It is about how we comprehend something as being honest and true”).
Un procedimento molto simile è stato utilizzato durante il discorso inaugurale della mostra: nell’occasione, Holmkvist era affiancata da un
media trainer che la consigliava su come presentare al meglio le opere esposte.
Preview Talk (2008) è il filmato che documenta l’evento.
Ciò che sembra costante nell’intero percorso dell’artista scandinava è il mettere sotto pressione il concetto di verità. La polivalenza del linguaggio, le strategie della comunicazione e del marketing, la costruzione dell’immagine mediatica sono gli elementi che utilizza per far risaltare l’incessante
fabbricazione della verità, un valore che faremmo bene a non considerare mai come scontato.
In questa prospettiva si possono situare anche i due lavori più datati della rassegna:
System (2001) e
Eight Martini (2004). Entrambi vertono sulla propensione della mente umana a valutare soddisfacente e attendibile una spiegazione, se offerta secondo determinati metodi.