Si rinnova la Ars Futura Galerie di Zurigo, con un nuovo nome e una selezione piú ridotta di artisti. Dai predecessori Nicola von Senger eredita la predilezione per l’arte concettuale che portó piú volte in galleria Chiara Dynys e che ora si concentra su Erwin Würm, ospite di questa personale. Artista di calibro internazionale, Wurm aveva presentato proprio in Svizzera, nel 2004, per la prestigiosa sezione Art Unlimited di Art Basel, la sua l’immensa Fat House; ad un pubblico più ampio è invece noto grazie al video Can’t Stop (2003) dei Red Hot Chili Peppers nel quale Flea e compagni diventano delle “sculture di un minuto” .
Il 41enne artista austriaco porta avanti da anni due cicli fortunatissimi: le One Minutes Sculptures, appunto, e la serie I love my time, I don’t like my time. Delle sculture estemporanee di Würm fanno parte divertenti performance funamboliche in cui l’instabilità oggettiva del sistema moderno viene nascosta, congelata in una foto che rende saldi degli equilibri, invece, precari. In altre opere dello stesso ciclo Würm propone al soggetto di assumere posizioni acrobatiche nelle quali riflettere su Espinoza o su qualche teoria di Freud. Al di là dell’impatto esilarante dell’opera, la vena critica si rivela pungente, associando un arzigogolo mentale ad una complicata posizione.
Dotata di altrettanto impatto critico è la serie I love my time, I don’t like my time, che procede prolifica dal 1997. Ultime opere nate sotto questo ciclo sono le Fat House e le Fat Car, opere cariche di una simbolica opulenza di costumi, quanto di una realistica obesità, mali comuni di uno status sociale verso il quale Würm non nasconde lo scarso apprezzamento.
Nel ridotto spazio della galleria von Senger trovano posto le fotografie di alcune delle performance, lavori fotografici inediti e qualche pezzo dalle misure ridotte. Interessante è il modellino di una Fat House, affiancato a un modello di casa “normale” dall’aspetto antropomorfo. E’ evidentemente la stessa abitazione, ma una delle due è affetta da un abbondante sovrappeso.
Spicca poi l’opera Turm, scultura in cui il grattacielo della Bauhaus (di van der Rohe), in stato di scioglimento, si accascia sulla sua stessa base trasbordando dal supporto. E’ la denuncia del tramonto di una cultura che collassa sotto il peso di sé stessa, non sorretta dalle sue fondamenta, ormai corrose.
Nicola von Senger inizia bene la sua attività, trovando il modo di portare nel piccolo spazio zurighese un artista difficilmente collocabile come Würm, per l’esagerate dimensioni fisiche delle sue opere e, soprattutto, per la raffinatezza delle dimensioni concettuali del lavoro.
fabio antonio capitanio
mostra vista il 20 maggio 2005
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