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lavoro di 50 giovani fotografi internazionali, a 120mila visitatori in tutto il
mondo. La sfida era esplorare la fotografia del 2025. Uno fra tutti, da allora,
ha spiccato il volo: l’africano Pieter
Hugo. A cinque anni di distanza, il
tema resta invariato: rigenerare, perché secondo i curatori del museo di
Losanna il lavoro dei giovani selezionati “è
un’evoluzione rispetto a un punto dato”, che nessuno insomma “ha cominciato da una pagina bianca,
ignorando il lavoro delle generazioni precedenti”. Quali sono dunque questi
punti di partenza?
Anzitutto, la Scuola di
Düsseldorf e l’eredità dei coniugi Becher
che vi hanno insegnato per un ventennio, praticando una fotografia oggettiva,
precisa nei dettagli grazie all’uso del grande e medio formato, incline alla
pratica dell’archivio e rivolta allo spazio urbano. Sono molte le assonanze con
i paesaggi di Matthieu Gafsou. Anche qui non c’è spazio per
l’uomo e la sovraesposizione aumenta il senso di alienazione provocato dalle
risposte abitative alla logica della globalizzazione: edifici privi di alcun
elemento di appartenenza territoriale. Diversa la risposta di Audrey Guiraud, nei cui soggetti architettonici rinuncia alla prospettiva
frontale per punti di vista inattesi che mirano alle corrispondenze tra gli
elementi strutturali dell’edificio, accentuate attraverso il ritocco digitale
come nel lavoro di Andreas Gursky, allievo dei Becher.
L’unico italiano presente
all’appello (senza dimenticare però che la mostra è transitata a Milano alla
Galleria Carla Sozzani), Salvatore Michele Elefante, inquadra le tracce pubbliche di un culto religioso che
permea le strade dei quartieri popolari napoletani: non c’è azione nelle sue
fotografie, semmai un tentativo di lasciar emergere un’evidenza. Un fare più
riflessivo e mediato che ha contraddistinto negli ultimi anni l’operato dei
fotografi di Magnum, ultimo baluardo del fotogiornalismo, e che si ritrova nel
lavoro di Shane Lavalette, intenta a dare rappresentazione all’invisibile, o meglio
a quel significato dato dall’uomo a un luogo che lo connota in modo sintomatico
ai suoi occhi.
Sono paesaggi surreali e
fantastici quelli ricreati, invece, da Di
Liu, vincitore del Lacoste Elisée
Prize 2010, in cui emerge l’eterno conflitto tra uomo e natura. In uno scenario
come quello cinese, sconvolto da un’urbanizzazione selvaggia, animali di
dimensioni pachidermiche si fanno posto, stoici, tra orripilanti edifici
multipiano anneriti dall’inquinamento. Questa vocazione critica nei confronti
della società si trova anche nel lavoro di Richard
Mosse, che affonda le radici nella staged photography di Jeff Wall e Gregory Crewdson. Nei suoi set fotografici, che
simulano disastri aerei e azioni militari, l’immagine è esteticamente perfetta
e il terrore monumentalizzato da accorgimenti nell’inquadratura. La domanda
sorge spontanea: a cosa guarderà lo spettatore, al contenuto o alla sua forma?
Nel campo del ritratto, i
fotografi guardano ai loro coetanei, alla loro vulnerabilità e all’incertezza
in cui vita, famiglia e lavoro li hanno fatti costretti. Nick Graham accentua la
sensazione di smarrimento con l’uso di filtri colorati, close-up e flash,
mentre Sylwia Kowalczyk si ispira alla mimica distorta della ritrattistica post mortem
del XVII secolo. Solo nei ritratti di Margo
Ovracharenko, tra i muri di un mondo
intimo e condiviso, i volti si distendono e accennano un sorriso scaldati da
una luce naturale che li avvolge in un filtro protettivo.
L’influenza di questo
groviglio di sensazioni e reazioni a un’attualità confusa e priva di strade in
discesa è più che mai presente anche nel modus operandi dei giovani fotografi
di reGeneration2:
Tomorrow’s Photographers Today. Mentre i loro maestri
spirituali hanno militato per oltre un secolo al di fuori delle confortanti
pareti della galleria e del museo, attraversando trasversalmente la società e
le sue fortezze creative, dall’editoria alla pubblicità fino all’espressione
artistica; oggi, sono loro a confinarsi volontariamente in un mare nostrum che
promette sicurezza e premiazione per citazionismi consapevoli. Un peccato,
perché dietro all’uso di questi facili escamotage si percepisce il potenziale per la scoperta di nuovi mondi.
sara dolfi agostini
mostra visitata il 4
dicembre 2010
dal 21 gennaio al 17 marzo 2011
reGeneration2: Tomorrow’s Photographers Today
a cura di William A. Ewing e Nathalie Herschdorfer
Aperture Gallery and Bookstore
547 West 27th Street, 4th Floor
Between 10th and 11th Avenues – New York
Orario: da lunedì a sabato ore 10-18
Ingresso libero
Catalogo Aperture
Info: tel. +1 2125055555; fax +1 2125984015; info@aperture.org; www.aperture.org/gallery/
[exibart]