Caleidoscopica e visionaria, floreale e sensuale, erotica, anarchica e utopica. È l’identikit di un’epoca, quella della rivoluzione psichedelica, che contagiò le giovani generazioni di tutto il mondo sotto la bandiera della liberazione sessuale, sociale, politica. Ma fu soprattutto il suo inizio ad assumere i caratteri epici di un grande evento che esplose in una stagione e in un luogo ben precisi. Era la calda estate del 1967 quando la città di San Francisco calamitò su di sé migliaia di giovani che al carburante adrenalinico sommavano additivi come hascish e LSD. Precursori e sacerdoti di una rivolta dai connotati mistici e scabrosi furono lo scrittore/psicologo Timothy Leary e il poeta Allen Ginsberg, allucinati predicatori di una esistenza lontana dal pragmatismo della società americana.
Summer of Love è una mostra che si propone di documentare -con foto, manifesti, oggetti di culto, film, riviste, opere grafiche e altro– quell’effervescente momento e tutto quel movimento artistico che ne seguì e che si configurò innanzitutto come una autentica rivoluzione estetica giocata sulla forte esaltazione dei sensi. Dall’abbigliamento alla grafica e al design, fino a sovvertire i codici e i linguaggi della comunicazione, contaminando musica, letteratura, cinema e recando con sé un ipnotico sapore d’oriente. Fu certo una moda, ma anche un’impetuosa ribellione nei confronti dei rigidi schemi borghesi. Dunque modi alternativi di vita, tra nomadismo e comunità aperta.
Non per nulla questa esposizione dedica una specifica sezione all’architettura, mostrando come la rivoluzione psichedelica abbia imposto una filosofia progettuale alternativa agli schemi “funzionalisti”, alle strutture ortogonali, ai materiali puri e privi di risalto cromatico. Verner Panton, Richard Buckminster Fuller, Graham Stevens, come molti altri d’altronde, sono tra gli sperimentatori di forme e materiali del tutto insoliti: forme organiche, decorazioni floreali, materiali sintetici di estrema duttilità in strutture aperte, osmotiche e socializzanti. Il gruppo inglese Archigram, poi, si distingue per l’utopia da fantascienza dei suoi progetti. Ma il brevetto della trovata più psichedelica spetta al giovane architetto austriaco Hans Hollein, che alle soluzioni progettuali accompagna una singolare invenzione, una Architectural Pill, farmaco miracoloso che risolve felicemente tutte le problematiche dell’uomo nel suo habitat.
Eventi, persone, luoghi e tendenze di questa controcultura furono veicolati da una specialistica stampa underground come Oracle di San Francisco, The East Village Other di New York, Oz e International Times di Londra.
È comunque la proiezione cinematografica il medium ideale per intensificare gli stimoli sensoriali, e ciò mediante la tecnica di sovrapporre film, dia e luci stroboscopiche. Intanto a New York già dal 1966 Andy Warhol nel suo Narodny Dom Club, capitalizzando gli effetti psichedelici della luce, aveva lanciato il mitico Erupting Plastic Inevitable Show.
franco veremondi
mostra visitata il 29 giugno 2006
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