Il concetto che il Rinascimento aveva del matrimonio era chiaro: se per la Chiesa era sufficiente uno scambio di voti tra una coppia di adulti (più o meno) consenzienti, per le famiglie coinvolte sposare un figlio o una figlia era un’affare lungo e costoso. Per la nobiltà e le classi agiate, alleanze dinastiche, politiche e ricchezza avevano la precedenza sull’amore e i beni portati in dote dalla moglie al marito rappresentavano una parte importante del contratto.
A partire dalla metà del XV secolo, a Firenze, una parte della dote viene di norma utilizzata per acquistare i mobili della coppia, incluse le grandi cassapanche riccamente decorate e dipinte, destinate a ospitare il corredo della sposa. Commissionati dallo sposo ed esibiti nel corteo che accompagnava la donna alla sua nuova dimora, i grandi
cassoni erano spesso oggetti di manifattura finissima, destinati alla camera da letto. Quando, nel 1471, l’aristocratico fiorentino Lorenzo di Matteo Morelli sposa Vaggia di Tanai Nerli, figlia di’n ricco concittadino, per celebrare l’evento commissiona una coppia di splendidi cassoni provvisti di spalliere.
Tra i più importanti esempi sopravvissuti di mobili rinascimentali, questi cassoni sono al cuore della mostra di The Courtauld Gallery,
Love and Marriage in Renaissance Florence. Un evento unico nel suo genere. Perché, logorati dall’uso e dal tempo, smantellati da entusiasti collezionisti vittoriani – che non esitarono a “restaurarli” con zampe di leone ottocentesche -, pochi sono i cassoni arrivati intatti fino a noi.
La celebrazione degli oggetti domestici è una delle novità del Rinascimento italiano. I cambiamenti socio-economici avvenuti nel XV secolo portano, con la nuova ricchezza, una nuova concezione della decorazione d’interni. Le funzioni delle varie stanze delle dimore private si definiscono, rispecchiando sempre più la personalità di chi le abita. E ciò richiede nuovi tipi di mobili, necessari a contenere la crescente quantità di oggetti posseduti da una società sempre più amante del lusso.
I cassoni entrano così a far parte della produzione “standard” delle botteghe artigiane fiorentine. Quasi i due terzi delle spese sostenute da Lorenzo per le decorazioni di nozze sono per la coppia di splendidi cassoni decorati da
Biagio di Antonio e
Jacopo del Sellaio con episodi tratti da Valerio Massimo. Derivate da temi cortesi, da opere di Petrarca e Boccaccio, dall’Antico testamento ma anche dall’Eneide e dalla storia romana, le narrazioni dipinte sui cassoni avevano il compito di intrattenere ed educare gli sposi, ricordando loro i rispettivi ruoli nel matrimonio. La moglie, soprattutto, era invitata a servire il marito e i figli con sottomessa devozione.
L’educazione strettamente cristiana ricevuta dalla maggioranza delle donne, volta al nubilato e all’astinenza, era tuttavia inappropriata quando si trattava di istruire giovani spose come Vaggia Tanai. Ragion per cui, scene raffiguranti eroine profane come la Ginevra del
Decameron dipinte da
Giovanni Toscani, o
L’incontro di Salomone con la regina di Saba (1450) di Giovanni di ser Giovanni, detto
Lo Scheggia, fratello del più noto
Masaccio, lungi dall’esser mere rappresentazioni di sontuosi cortei nuziali e ricchi abiti, offrivano alla sposa esempi accettabili di virtù e sessualità all’interno del matrimonio. E le ricordavano che anche la regina d’Egitto s’era inchinata davanti al suo sposo. Un mesaggio importante per stabilire la corretta relazione tra marito e moglie.
Quando, alla fine del XV secolo, la presenza di scene dipinte a livello del suolo diventa obsoleta, la narrazione scivola sulle
spalliere attacate alle pareti, dietro i cassoni. Fino a quando, nel XVI secolo, lentamente quanto inesorabilmente i cassoni dipinti scompariranno, sostituiti da quelli scolpiti. Ma questo è un altro secolo. Ed è un’altra storia.