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fino al 18.IV.2003 Hardcore – Towards a new activism Parigi, Palais de Tokyo
around
Ha inaugurato a Parigi Hardcore, una mostra sull’attivismo artistico. In che modo l’arte si scontra con la violenza della realtà sociale? Diffidenti delle ideologie, ma stufi del disimpegno, i creativi diventano hackers della realtà. Tra aziende d’artista, combustibili illegali e documenti falsificati. Al Palais de Tokyo...
Gli artisti sono sempre stati gli “hackers della realtà”, scrive il curatore Jerome Sans nel saggio critico che introduce la mostra. La capacità di reinventare il mondo, di fornire visioni alternative, di contaminare il reale con l’ironia e la surrealtà, sono in effetti elementi intrinseci all’attività artistica tout court. Esistono tuttavia alcune visioni che si caratterizzano per la loro virulenza, per il loro carico di critica diretta, per il loro intento esplicitamente politico. Si parla allora di attivismo artistico, oppure di artivism, volendo usare un neologismo recente.
Dopo il suo periodo d’oro, coinciso con gli anni Sessanta e Settanta, l’arte politicamente connotata è passata in secondo piano, vittima anch’essa del famoso “crollo delle ideologie” e del conseguente liberatorio disimpegno dei decenni successivi.
Oggi la quantità di artisti che si confrontano face to face con la realtà sociale e le sue contraddizioni sembra farsi più consistente, tendenza di cui abbiamo avuto una schiacciante testimonianza durante l’ultima Documenta , quasi pedante nel suo eccesso di (falsa) coscienza nei confronti delle problematiche mondiali.
La mostra Hardcore , che inaugura oggi al Palais de Tokyo di Parigi, riunisce quindici artisti di generazioni e nazionalità differenti, mostrando come l’attivismo nell’arte contemporanea sia vivo e vegeto, anche se mutato di segno rispetto a trent’anni fa. Se alcune strategie (il detournment, la provocazione, la decontestualizzazione) sono un’eredità indubbia e preziosa del passato, molte cose sembrano cambiate. Come sottolinea lo stesso curatore, oggi non esistono più grandi movimenti omogenei, ma assumono invece importanza e rilievo le numerose strategie individuali. Un altro elemento significativo consiste nell’uso sempre più consapevole da parte di artisti e intellettuali delle nuove tecnologie della comunicazione: i tactical media sembrano usciti rafforzati dalla crescita esponenziale delle reti telematiche.
Una pratica molto comune, tanto da giustificare l’invenzione del termine corporate art, è quella di costituire delle vere e proprie “società”, con tanto di statuto, titoli azionari e responsabilità limitata. È il caso degli svizzeri etoy, che dopo aver gettato lo scompiglio in rete nel 1996 con il loro Digital Hijack (rapimento digitale), hanno avviato una stimolante riflessione sul rapporto tra arte/mercato e società/economia. Oppure dei francesi AAA Corp. che, anche loro organizzati come azienda, spargono sul territorio dei temporanei “laboratori per fare arte”, dei veicoli a metà tra le unità abitabili di Atelier Van Lieshout e le “zone temporaneamente autonome” di Hakim Bey . A Parigi presenteranno una singolare raffineria che produce un olio commestibile, ma allo stesso tempo utilizzabile come carburante, sostanza attualmente proibita dalla legge.
Anche la messicana Minerva Cuevas ha fondato una corporation: la Mejor Vida Corp, il cui obiettivo non è naturalmente il profitto, ma la sovversione. Negli ultimi cinque anni l’artista ha distribuito, dal vivo e tramite il suo sito web, prodotti e servizi per la popolazione, comprese tessere studentesche e biglietti dei mezzi pubblici falsificati. In questa occasione presenta un questionario on-line sulla violenza e una grande pittura murale.
Dagli anni Ottanta tornano redivive le Guerrilla Girls, collettivo femminista di cui fanno attualmente parte tredici donne che nelle occasioni pubbliche indossano maschere da gorilla e si firmano con nomi di artiste del passato. Tra le nuove leve spicca il lavoro della coreana Shu Lea Chang -nota anche per aver ideato e coordinato il progetto web Kingdom of Piracy– i cui lavori parigini indagano senza pudori il tema dell’eros e della pornografia. Unico italiano in mostra l’ironico Gianni Motti, oltre al kossovaro (ma fiorentino di adozione) Sislej Xhafa. In mostra anche il sudafricano Kendell Geers con un progetto fatto di vari interventi (“come tante piccole bombe ”) sparsi per il museo; l’albanese Anri Sala che interviene con due lavori posti all’esterno e Alain Declerq con un enorme missile giocattolo. E ancora Jota Castro, Johan Grimonprez, Clarisse Hahn, Henrik Plenge Jakobsen, Anri Sala e Santiago Sierra.
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valentina tanni
Hardcore – Towards a new activism. A cura di Jerome Sans. Parigi, 27 febbraio -18 maggio 2003. Palais de Tokyo, site de création contemporaine. 13 avenue du Président Wilson 75116. T 01 4723 5401 F 01 4720 1531, website : http://www.palaisdetokyo.com
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