Che fosse destinata a creare scalpore si sapeva. Ma quando, due anni fa, la Royal Academy decise di organizzare
From Russia: French and Russian Master Paintings 1870–1925 from Moscow and St Petersburg contando sulla collaborazione dei quattro maggiori Musei di Stato russi (il Pushkin, la Galleria Nazionale Tretyakov di Mosca, l’Ermitage e il Museo di Stato di San Pietroburgo), che avevano acconsentito al prestito di oltre centoventi capolavori, non avrebbe mai immaginato di rischiare il disastro.
Appena qualche settimana prima dell’arrivo delle opere, l’agenzia di stato russa aveva infatti annullato la mostra, temendo che i discendenti degli antichi proprietari potessero reclamare sul suolo inglese i capolavori nazionalizzati da Lenin dopo la Rivoluzione del ‘17. Con i cataloghi già in stampa, l’annullamento della mostra avrebbe potuto costare alla Royal Academy la bancarotta. Momentaneamente accantonata la freddezza che dal 2006 turba le relazioni diplomatiche con la Russia in seguito all’omicidio dell’ex agente del Kgb Litvinenko,
il governo britannico ha emanato a tempo di record una legge che tutela i beni stranieri da eventuali sequestri. E le opere arrivano.
Dopo tanto clamore,
From Russia non delude. Cronologicamente organizzata in nove sale e strutturata in quattro sezioni, la mostra è incentrata sul periodo compreso tra il 1870 e il 1925. Paesaggi e scene di vita quotidiana ispirati a
Corot si alternano a dipinti realisti di carattere marcatamente sociale, come
Manifesto del 17 ottobre 1905 (1911) di
Ilya Repin e preludono alla seconda sezione, dedicata ai capolavori appartenuti ai due ricchissimi mercanti di tessuti Sergei Shchukin e Ivan Morozov.
Tra i primi ad apprezzare le opere degli Impressionisti francesi, le loro collezioni contavano centinaia di tele di
Monet,
Cézanne,
Renoir,
Van Gogh,
Gauguin,
Picasso. Diventato uno dei maggiori committenti del giovane
Matisse, Shchukin gli commissionò
La dance (1910), qui esposta nella terza sala, la più ampia. Per la prima volta nel Regno Unito, si tratta della seconda versione.
Il percorso espositivo prosegue fluido, con l’intimo
Ritratto di Sergei Diaghilev (1906) di
Léon Bakst, che celebra il ruolo centrale avuto dall’impresario teatrale Sergei Diaghilev nello scambio culturale avvenuto tra Francia e Russia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo. Fondatore dei
Balletti Russi, Diaghilev introdusse l’arte francese in Russia, promuovendo allo stesso tempo l’arte russa in Occidente.
Questo affascinante scambio portò, nelle prime due decadi del Novecento, gli artisti russi a cercare nuove direzioni. Dagli esperimenti di
Natalia Goncharova che, in un ritratto del 1911, innesta il vigore dell’arte folklorica sul Post-impressionismo francese, al
Bagno del cavallo rosso (1912) di
Kuzma Petrov-Vodkin, impensabile senza il colorismo di Matisse, la mostra si conclude con le geometrie pure di Malevich e del celeberrimo trittico
Quadrato bianco,
Cerchio nero e
Croce nera (1923).
Nazionalizzate dai commissari di Lenin, le opere di Shchukin e Morozov divennero con Stalin la personificazione dei valori malati della borghesia occidentale e, per meglio sottrarle alla vista, nel 1941 vennero nascoste nei magazzini di stato in Siberia. I capolavori francesi furono mostrati al pubblico solo molti anni dopo la morte del dittatore, alterando per decenni la comprensione di un capitolo fondamentale della storia dell’arte moderna. Merito di From Russia è restituire al pubblico la storia di questo capitolo.