Le temps emprunté è il tempo preso in prestito al teatro, rubato allo spazio delle quinte e offerto a una nuova messa in scena. La mostra apre un percorso attraverso emblematiche performance –
Quando l’uomo principale è una donna,
Le roi du Plagiat,
Angel of Death,
L’ange de la métamorphose,
Je suis sang– curate da
Jan Fabre (Anversa, 1958), sviluppando un’idea di teatro che è insieme progetto e ricerca.
Gli interpreti concidono con il loro corpo, che diviene strumento di sperimentazione, duttile terreno di battaglia prestato alla sfida e alla provocazione. Il corpo è il luogo del senso: nelle parole di Fabre, i protagonisti dei suoi spettacoli sono “
guerrieri della bellezza”, soldati che lottano per costruire il significato, militi disposti a mettersi in gioco e a intraprendere il rischio di mutare, uscire da sé per il tempo della messa in scena e condurre lo spettatore nel loro viaggio di ricerca e catarsi.
Nell’universo di Fabre, il teatro è costante metamorfosi. È un dispositivo per scioccare lo spettatore, ponendolo a confronto con i limiti. È una finzione esasperata e percorsa da una crescente tensione.
Solo attraverso il trauma e lo sconvolgimento, pubblico e attori possono accedere a una nuova dimensione del senso.
La mostra presenta i molteplici volti dell’artista belga, accostando la sua produzione di schizzi, disegni preparatori e modellini all’attività di coreografo e direttore. Nella sala di forma circolare, miniature di teatri -sipari popolati da pupazzi e burattini- invitano i visitatori a sintonizzarsi sullo spazio-tempo del gioco. La dimensione ludica, scherzosa e a tratti derisoria anima l’intera rassegna, così come nutre l’immaginazione caotica di Fabre. Negli spazi adiacenti, fotografie in bianco e nero fermano il tempo dello spettacolo e lo condensano in un nuovo momento di fruizione. Attraverso l’occhio di altri artisti quali
Helmut Newton,
Carl De Keyzer,
Jorge Molder e
Robert Mapplethorpe, le performance sono scomposte e riassemblate in un complesso dinamico.
Insieme a Fabre, i protagonisti della mostra sono i ballerini e gli attori, i fotografi e naturamente il pubblico. Il rapporto con quest’ultimo è al centro della riflessione sul teatro, perché l’interazione tra i due mondi stabilisce un canale di comunicazione, contatto e scambio fra realtà e finzione. Nel tentativo di avvicinare lo spettatore e di raggiungere un’acustica ideale, Fabre progetta il teatro dei suoi sogni: una “
fetta di formaggio” che si estende in orizzontale e s’inclina verso l’alto, simile a quelle
de la vache qui rit.