La sua vita ha ispirato artisti e grandi autori. La sua opera non consente paragoni.
Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920) sapeva di essere destinato a sconvolgere il proprio tempo e a lasciare un segno ai posteri. Proprio al suo genio e al periodo in cui visse è dedicata la rassegna di Madrid, che porta in scena Modigliani in una selezione di opere capaci ancora oggi di incantare. Come novant’anni fa, alla sua prima personale, quando stupiva la critica e ammaliava il pubblico. Una doppia mostra, in altalena tra il museo Thyssen-Bornemisza e la Fondazione Caja Madrid, per articolare il percorso artistico di Modì secondo due prospettive: il legame con i maestri a lui vicini al Museo, i rapporti con gli amici e le sue “muse” alla Fondazione.
La sua biografia pare romanzata; è quella di un ribelle e dissoluto, affascinante e seduttore. Di una vittima della sua stessa indipendenza. Artista maledetto, prodotto del proprio periodo storico ma, al tempo stesso, unico.
La sua vita sembra scritta dal primo giorno nel fin troppo semplice gioco di parole: Modigliani, Modì,
maudit. Negli anni del fauvismo e sulla scia dei
bohèmien. Quando si trasferisce, giovanissimo, a Parigi, è affascinato dalle opere degli impressionisti, da
Gauguin e
Van Gogh, soprattutto da
Toulouse-Lautrec e
Cézanne. Il primo passo di Modì pittore è sotto l’influsso di quest’ultimo e la mostra parte proprio da qui, esaltando la liaison tra il
Il ragazzo col gilet rosso del francese e
Il violoncellista o
Il mendicante di Livorno del livornese.
La buona cultura artistica e la grande apertura mentale di Modigliani lo avvicinano alle diverse correnti dell’epoca, che assimila senza mai sposarne alcuna. E senza perdere la tradizione italiana: le figure esili dei suoi dipinti ricordano
Botticelli e la gestualità sensuale dei soggetti riporta a
Parmigianino. Molteplici sono i rimandi e le ispirazioni che rielabora alla ricerca di uno stile proprio. Un aspetto notevole anche nella scultura, con cui si cimenta dietro la spinta dell’amico
Brancusi, fino al punto di abbandonare i pennelli, salvo poi sospendere la nuova attività a causa di seri problemi di salute. Nelle sue creazioni in pietra o gesso, nella “lezione di scultura” del Thyssen-Bornemisza è evidente in particolare l’influenza dell’
art nègre nel trattamento dei volti.
“
Il paesaggio non esiste”, scrive Modigliani all’amico
Diego Rivera. La sua opera -salvo rare eccezioni, una delle quali, proprio un paesaggio, è in mostra- è fatta di nudi e ritratti, perché l’interesse primario è l’essere umano: “
Il volto è la suprema creazione della natura”. Volti che non hanno bisogno di altri elementi descrittivi per comunicare; per ciò, nella piena maturità artistica di Modì, i tratti si fanno essenziali, le figure ferme e spoglie, come icone di una bellezza ideale, ombrata di malinconia.
La retrospettiva madrilena si completa con una raccolta di disegni e una collezione di oltre trenta fotografie che raccontano la vita troppo breve di un artista fondamentale.