«Ogni cosa, ogni persona, ogni immagine, si trova chiusa nella propria figura, negli angoli della forma in cui é caduta. Ma riuscendo a scalfire la superficie che la avvolge, é possibile cogliere l’energia custodita all’interno. Un’energia inarrestabile che crea, trasforma e distrugge la vita intorno a noi». Il breve testo che accompagna le opere della mostra “Grass”, esposte alla Gallerie du Temple di Parigi, meglio non potrebbe esprimere il senso del lavoro dell’artista Michele Tagliaferri.
Alcune delle fotografie proposte, scattate in analogico con una leica M6 e un lente de 50mm, il cui negativo è stato poi scannerizzato e positivato in digitale, sembrano acquerelli. I soggetti ritratti, tutti diversi tra loro, paiono dissolversi, come se stessero sciogliendosi. I contorni sfumano o si fondono impalpabilmente. In altre fotografie, invece, la percezione della superficie ritratta é talmente densa, nitida e materica da far venire quasi la pelle d’oca.
L’essenza, l’energia sono, quindi, talvolta rese dall’artista per sottrazione altre volte per addizione ma si arriva sempre al cuore, al principio primo.
L’opera di Michele Tagliferri tende concettualmente all’infinito, un infinito ricercato attraverso la resa fotografica.
Viene dunque spontaneo domandarsi quale sia il rapporto con il mezzo tecnico, per sua natura limitante. «La fotografia è stato ciò che mi ha permesso uscire dai miei limiti, rompere i miei quattro angoli e cercare di ricongiungermi con il mondo e con l’energia che mi circonda – afferma l’artista – Lo strumento fotografico è stata una scappatoia per uscire dalla mia vita “normale” e cercare di ritrovare l’essenza delle cose, l’energia nascosta e latente che muove il mondo e gli da vita. La “frustrazione”, se così possiamo chiamarla, può essere magari nel mezzo in sé, che come strumento per esprimere qualcosa non è mai quel qualcosa in carne ed ossa. Come diceva Pessoa nella sua poesia Saluto a Walt Whitman, la vera frustrazione di ogni artista è che l’arte in sé è futile e irreale. Tutto quello che un artista può fare è solamente esprimere e comunicare una rappresentazione della realtà, una copia della stessa, però mai può arrivare alla realtà, mai può viverla con i suoi versi, ad esempio».
Anche l’apparente mancanza di un comune denominatore, estetico o di significato, posto a legare i soggetti ritratti invita a porsi delle domande sul processo creativo dell’artista e su cosa lo inneschi «Il mio lavoro parte sempre da un tentativo di rispondere a delle domande o inquietudini interne. Nel caso di Grass, fino quasi alla fine del processo, non ho mai avuto chiaro quello che stavo cercando. Sentivo dentro la necessità e l’imperativo di cercare e di fotografare però fino alla fine non avevo chiaro che cosa. Sono state le stesse immagini a guidarmi nel processo. Fotografando e poi riguardando le immagini durante 4 anni, che più o meno è stato il tempo del lavoro, sono state loro a dirmi quello che cercavo e poco a poco a guidarmi fino a farsi dare la forma che ora hanno».
Fotografia lirica verrebbe da dire, ma anche questa é pur sempre una definizione, racchiusa nei quattro angoli di un concetto.
Arianna Piccolo
mostra visitata il 6 giugno
Dal 14 maggio al 18 giugno 2016
Michele Tagliaferri, Grass
Gallerie Temple Paris
20, rue de la Corderie
75003 PARIS
Info: temple@templeparis.com