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22
settembre 2009
fino al 18.X.2009 Emory Douglas / Dorothy Iannone New York, New Museum
around
L'arte al servizio della rivoluzione collettiva o delle introspezioni personali. Due visioni coeve ma differenti. Il New Museum mette in scena le icone delle Black Panthers e un raffinato scenario erotico...
di Santa Nastro
La personale di Emory Douglas (Grand Rapids, Michigan, 1943) al
New Museum è un racconto in 165 opere di una dolorosa ma avvincente pagina di
storia americana. Protagoniste, le mitiche Black Panthers, il movimento nero di
liberazione nato negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni ’60, per
rivendicare i diritti della gente di colore in una società ancora chiusa ai
temi dell’integrazione e dell’uguaglianza.
Mostra che torna tanto più attuale oggi, laddove le
conquiste del passato sono rimesse in discussione, laddove voci, influenti e
non, tendono a riaprire ferite non rimarginate nei continenti vecchi e nuovi.
L’estetica che emerge dalle opere di Douglas è
dichiaratamente contestualizzata in tale rivoluzione, vibrante, virile,
aggressiva. E naturalmente si serve di strumenti di facile diffusione per
comunicare – come la grafica, la stampa ciclostilata, i poster da affissione –
e di un segno netto e inequivocabile, incorniciato da tinte acide e piatte, che
non lascia dubbi sulle intenzioni del movimento, né a sostenitori né ad
avversari.
La mente torna immediatamente ai fotomontaggi di John
Heartfield, alle
vignette di Giuseppe Scalarini contro il fascismo, ma anche ai cunei più propagandistici
di El Lissitzky.
L’artista trae dall’immaginario dell’opera
“clandestina” i suoi precedenti, fondendoli con la cultura nera e i
colori del kitsch, sottolineando le diagonali dei riquadri in cui progetta il
suo racconto per galvanizzare il destinatario. Ascensione uguale vittoria. E le
Black Panthers, sempre armate, ne sono circonfuse.
La celebrazione dell’artista non si esaurisce con la
mostra. Il New Museum, insieme allo Studio Museum e a Groundswell, co-produce
il suo primo murale a Harlem. L’opera, che ha coinvolto nella
sua realizzazione quindici teenager ed è intitolata What We Want, What We
Believe –
richiamando i famosi “dieci punti” delle pantere -, è concepita come
un’opera d’arte pubblica permanente. A dimostrazione che il passato è stato
rielaborato e, finalmente, restituito alla storia del suo quartiere e della sua
comunità.
Meno impegnata, più introspettiva, ma ugualmente
coraggiosa – se contestualizzata nel periodo in cui è condotta – è la ricerca
di Dorothy Iannone
(Boston, 1933; vive a Berlino), artista spesso trascurata e relegata nel gossip
della sua relazione con Dieter Roth.
Alla sua prima personale negli Stati Uniti, Iannone si
concentra sulle dinamiche amorose, sull’esperienza estatica dell’incontro
sessuale, vista da una prospettiva tutta personale, e femminile.
La carrellata di opere esposte, che vanno dal 1965 al 1978
utilizzando e mescolando tecniche disparate in assoluta libertà, offre uno
scenario erotico complesso, da mille e una notte. Ai contorni arabescanti ma
decisi, che delineano la figurazione – marcando senza nessuna ambiguità sessi,
amplessi e situazioni piccanti -, sono affiancati un uso malizioso e certosino
della decorazione: scenografie lussuriose e decadenti, campiture matissiane e
fumetti chiarificatori.
In un carosello accattivante di suggestioni che muove,
senza nessuna furbizia, i primi passi dall’arte musiva bizantina e
dall’immaginario folk.
New Museum è un racconto in 165 opere di una dolorosa ma avvincente pagina di
storia americana. Protagoniste, le mitiche Black Panthers, il movimento nero di
liberazione nato negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni ’60, per
rivendicare i diritti della gente di colore in una società ancora chiusa ai
temi dell’integrazione e dell’uguaglianza.
Mostra che torna tanto più attuale oggi, laddove le
conquiste del passato sono rimesse in discussione, laddove voci, influenti e
non, tendono a riaprire ferite non rimarginate nei continenti vecchi e nuovi.
L’estetica che emerge dalle opere di Douglas è
dichiaratamente contestualizzata in tale rivoluzione, vibrante, virile,
aggressiva. E naturalmente si serve di strumenti di facile diffusione per
comunicare – come la grafica, la stampa ciclostilata, i poster da affissione –
e di un segno netto e inequivocabile, incorniciato da tinte acide e piatte, che
non lascia dubbi sulle intenzioni del movimento, né a sostenitori né ad
avversari.
La mente torna immediatamente ai fotomontaggi di John
Heartfield, alle
vignette di Giuseppe Scalarini contro il fascismo, ma anche ai cunei più propagandistici
di El Lissitzky.
L’artista trae dall’immaginario dell’opera
“clandestina” i suoi precedenti, fondendoli con la cultura nera e i
colori del kitsch, sottolineando le diagonali dei riquadri in cui progetta il
suo racconto per galvanizzare il destinatario. Ascensione uguale vittoria. E le
Black Panthers, sempre armate, ne sono circonfuse.
La celebrazione dell’artista non si esaurisce con la
mostra. Il New Museum, insieme allo Studio Museum e a Groundswell, co-produce
il suo primo murale a Harlem. L’opera, che ha coinvolto nella
sua realizzazione quindici teenager ed è intitolata What We Want, What We
Believe –
richiamando i famosi “dieci punti” delle pantere -, è concepita come
un’opera d’arte pubblica permanente. A dimostrazione che il passato è stato
rielaborato e, finalmente, restituito alla storia del suo quartiere e della sua
comunità.
Meno impegnata, più introspettiva, ma ugualmente
coraggiosa – se contestualizzata nel periodo in cui è condotta – è la ricerca
di Dorothy Iannone
(Boston, 1933; vive a Berlino), artista spesso trascurata e relegata nel gossip
della sua relazione con Dieter Roth.
Alla sua prima personale negli Stati Uniti, Iannone si
concentra sulle dinamiche amorose, sull’esperienza estatica dell’incontro
sessuale, vista da una prospettiva tutta personale, e femminile.
La carrellata di opere esposte, che vanno dal 1965 al 1978
utilizzando e mescolando tecniche disparate in assoluta libertà, offre uno
scenario erotico complesso, da mille e una notte. Ai contorni arabescanti ma
decisi, che delineano la figurazione – marcando senza nessuna ambiguità sessi,
amplessi e situazioni piccanti -, sono affiancati un uso malizioso e certosino
della decorazione: scenografie lussuriose e decadenti, campiture matissiane e
fumetti chiarificatori.
In un carosello accattivante di suggestioni che muove,
senza nessuna furbizia, i primi passi dall’arte musiva bizantina e
dall’immaginario folk.
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a cura di Sam Durant
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a cura di Jarrett Gregory
New Museum
235 Bowery (Lower
East Side) – 10002 New York
Orario: mercoledì ore
12-18; giovedì e venerdì ore 12-21; sabato e domenica ore 12-18
Ingresso: intero $
12; ridotti $ 10/8
Info: tel. +1 2122191222;
info@newmuseum.org; www.newmuseum.org
[exibart]