Negli anni ’20, Duchamp aveva provato al mondo che qualsiasi oggetto poteva diventare opera d’arte, portando gli artisti dell’epoca a guardare con occhi nuovi agli spazi dedicati alle mostre e al loro all’allestimento. Negli ultimi anni, gli artisti sono tornati a rivolgere con rinnovato entusiasmo l’attenzione a musei e gallerie, affrontando il problema dell’allestimento dal punto di vista del design. Tra essi,
Jorge Pardo (L’Avana, 1963; vive a Los Angeles) dimostra che è possibile fare di una mostra nel suo complesso un’opera d’arte.
Alla seconda personale da Haunch of Venison a Londra, Pardo presenta una serie di lavori ispirati al suo progetto
Mèrida House, un edificio fatiscente e in abbandono nella penisola messicana dello Yucatan che l’artista sta ristrutturando, ispirandosi al paesaggio circostante. Il risultato è un’opera funzionale, essendo di fatto una casa in piena regola. Non potendo, per motivi logistici, trasportare l’intero edificio in Gran Bretagna, Pardo ne ha ricreato l’illusione, ricoprendo le pareti dei due piani superiori di Haunch of Venison con un misto sognante di immagini fotografiche dei suoi interni messicani. Interni di cui l’artista ha interamente disegnato la decorazione, inclusi i pavimenti e le piastrelle.
Incantevoli lampade-scultura che ricordano cristalli di neve scendono leggere dagli alti soffitti di entrambi i piani della galleria. Si tratta di cinque gruppi formati da otto grandi globi di materiale semitrasparente che sembrano espandersi delicatamente nello spazio circostante. Guardandole è difficile stabilire se sono semplici lampade reinterpretate come sculture, come ready made. Ma a questo punto non è rilevante, perché l’effetto è comunque magico. Alle pareti della galleria sono inoltre appese sculture in rilievo che, nelle forme e nei colori, tradiscono influenze maya e azteche.
Fedele alla convinzione che le situazioni interessanti creano spazi mentali in cui altre cose possono accadere, Pardo abbatte le barriere fra i generi, sfidando i limiti che separano il concetto di pubblico e privato. Certo che, per poter interagire con la realtà quotidiana, l’arte deve entrare nelle case, Pardo crea i propri oggetti con l’attenzione rivolta al punto di vista dell’osservatore/fruitore. Che per lui sono la stessa cosa. Perché non è possibile stabilire dove l’arte inizia e dove finisce. Tutti gli oggetti creati da Pardo -siano essi lampade, mobili o tessuti- sono concepiti come opere d’arte. E lo spazio in cui le sue creazioni si muovono è uno spazio di seduzione, popolato da oggetti quotidiani di fattura squisita, che mantengono intatto il loro valore pratico e la cui funzionalità è strettamente determinata dallo spazio circostante. Che si tratti dello spazio di una galleria o di quello di un’abitazione.
Designer d’interni, dunque? Artista? Entrambi? Pardo ha fatto di quest’ambivalenza la sua filosofia e a chi gli chiede che cos’è, risponde con un sincero “
non so”. Designer
e artista, dunque. Resistendo ostinatamente a farsi rinchiudere in una categoria assoluta, Pardo abolisce i confini tra architettura, scultura, arti grafiche e progettazione d’interni, avvicinandosi a queste attività con l’intenzione di creare prima di tutto situazioni che siano d’ispirazione mentale. E davvero l’arte di Jorge Pardo -sottile, visuale, semplicemente informale e delicatamente sofisticata- riesce a trasportare chi osserva in una dimensione poetica assoluta, fuori dal tempo e dallo spazio.