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fino al 19.IV.2009 | Umberto Boccioni / Primo Conti | Lugano, Museo d’Arte

di - 9 Marzo 2009
Quando si moltiplicano le iniziative su uno stesso tema diventa difficile distinguere i diamanti che si nascondono nella bigiotteria. Le due mostre al Museo d’Arte di Lugano sono senza dubbio da includere nella categoria dei piccoli gioielli che spiccano nell’attuale massa di mostre sul Futurismo.
D’altronde, la conformazione stessa dell’edificio in riva al lago ha qualcosa dello scrigno, con la sua dimensione intima e curatissima. I primi due piani sono occupati da una sorprendente esposizione di Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916), da considerare forse il più grande futurista in assoluto proprio per la perizia quasi tardo-ottocentesca che conserva anche nelle prove più direttamente avanguardistiche.
Al pre-futurismo di Boccioni è infatti dedicata la mostra. Il Futurismo, però, non rimane presenza muta di là da venire: s’insinua in controluce, non ancora come forma in nuce ma solo come momento di tensione, di ripensamento. Il grande merito dell’esposizione è quello di documentare, quasi di far vivere allo spettatore il coacervo di pensieri che caratterizzano l’artista nei primi anni del Novecento, ad esempio nel periodo padovano del 1907. Come un uomo diviso tra innovazione stilistica nel campo del già esplorato e presentimento di qualcosa di dirompente che esiste, anche se ancora non ha un corpo. Condividere tali sommovimenti di Boccioni significa anche, qui, incappare in episodi sorprendenti del suo corpus, rinnovando la visione più stereotipata che si ha di lui.
Vale la pena di elencare a campione alcune delle delizie esposte, che godono di un allestimento raffinato (basti pensare alle due sale con le pareti dipinte di nero che fanno risaltare le linee degli schizzi, annullando il bianco dei fogli). Alla stagione post-divisionista e alla celebrazione socialisteggiante della natura appartengono dipinti di rilievo come Treno che passa e Contadini al lavoro (entrambe del 1908). Non mancano i tipici, epocali ritratti di donne anziane e della madre. Ma le vere sorprese stanno altrove, ad esempio nelle serie di tempere su cartoncino del 1904-06, con uno stile art nouveau raramente associato a Boccioni, e nella Figura in giardino (1908 ca.) che rivisita con piglio personale e italiano, si direbbe, artisti come Beardsley.
Anche il simbolismo s’insinua nelle ricerche boccioniane, come in Veneriamo la madre (1907-08) e nell’oscurità disarmante di alcuni pastelli su carta. Risultano poi illuminanti sulla poetica dell’artista le incisioni, tra cui spicca La madre con l’uncinetto (1907).
Collocata al terzo piano, la mostra di Primo Conti (Firenze, 1900 – Fiesole, Firenze, 1988) sottende una storia dal grande fascino: la relazione di quattro anni tra il futurista e Harriet Quien, “la donna che venne dal mare”. Nata a Shangai nel 1900 da nobile famiglia olandese, incontra Conti nel 1923 sulla spiaggia di Antignano. Grazie alla sua modernità pre-femminista (vestiva abiti da uomo e pretendeva di esser chiamata Harry), può essere considerata figura importante tra le “donne futuriste”.

Il nucleo di disegni giovanili esposto fa parte delle opere donate da Conti alla sua amante e musa. Fra ritratti, studi, “figure grottesche” e nature morte, è quasi inquietante la perizia del primo disegno, eseguito a soli dodici anni. Tutte le opere evidenziano, comunque, consapevolezza intellettuale ma anche un candore costante nei confronti della vita, che rende davvero toccante ed empatica la visita.

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Museo d’Arte – Villa Malpensata
Riva Caccia, 5 – 6900 Lugano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18
Ingresso: intero € 8; ridotto € 5
Info: tel. +41 0588667214; fax +41 0588667497; info.mda@lugano.ch; www.mda.lugano.ch

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