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25
maggio 2010
fino al 19.VII.2010 Lucian Freud Paris, Centre Pompidou
around
L'umanità secondo Lucian Freud. Una umanità in cui materia pittorica e materia biologica si fondono in un'unica dimensione carnale. Uno dei più grandi pittori del Novecento a Parigi...
In piena
disumanizzazione dell’immagine, in cui silhouette perfette si stagliano su
ambienti rassicuranti, s’inserisce l’umanità senza fronzoli di Lucian Freud (Berlino, 1922; vive a Londra).
Di questo grande artista figurativo l’esposizione accoglie una sessantina di
opere, per lo più oli su tela e qualche acquaforte, seguendo non un ordine
cronologico ma il tema del laboratorio londinese dell’artista. Si divide poi in
quattro sezioni: “Interno/Esterno”,
“Riflessione”, “Riprese”, “Come carne”.
Freud è
un profeta del nudo: “La pittura è la persona”, dichiara l’artista; “Voglio
che funzioni come lo fa la carne”. Nudi in piedi, sdraiati, sopiti, svegli, il cui peso
corporeo è massa pittorica, in cui i chiaroscuri scavano tra le pieghe della
pelle, nella carne così come nella materia. Dei modelli se ne percepisce quasi
l’aura per questa volontà “di voler approfondire ciò che già si conosce”. E infatti Freud ama ritrarre
familiari e amici, come David Dawson, il suo assistente, disposti a restare per
ore in posa.
Immersi
in ambienti scarni anche gli oggetti come sedie, tavoli e poltrone, con una
storia da raccontare perché stracciati, logori, umani anche loro. Soggetti
tagliati dai limiti del quadro; limiti che a volte stravolgono l’ordine del
dipinto, giacché accade che l’artista aggiunga pezzi di tela, rendendola così
irregolare e sconcertante.
Delle
scelte cromatiche colpiscono i bianchi, rintracciabili fra l’altro nelle
montagne di stracci che riempiono il suo laboratorio: ritratti sin dagli anni
’80, sono dovuti alla tecnica di pulire con un cencio il pennello dopo ogni
segno, come in Standing by the Rags (1988-89).
Sono grandi
tele che vanno oltre la semplice teatralizzazione degli oggetti nello spazio, a
favore di una lettura attiva dei suoi soggetti, come in Ib and her Husband (1992), in cui gli occhi, i pugni
e i corpi si stringono in un abbraccio parlando del torpore di un momento, sovrastati
da un muro impastato come una tavolozza, dove vi si rintracciamo i colori usati
nel dipinto.
Un
percorso che scava nel profondo della vita di Freud, attraverso quadri che si
possono definire autobiografici, grazie ai quali si visitano i suoi luoghi come
il Garden’s painter (2005-06), o ci si confronta con alcuni autoritratti come in The
painter surprised by a naked admirer (2004-05), Interior with hand mirror (1967) e Reflection with 2
children (1965),
dipinto rappresentativo della mostra. Interessanti i rimandi a grandi maestri,
come in After Cézanne (2000), After Chardin ( 2000) e After Constable’s Elm (2003).
Il
percorso dell’esposizione prevede nove foto di David Dawson e due filmati, uno ancora di
Dawson – che ritrae Freud mentre lavora – e Small Gestures in Bare Rooms di Tim Meara.
disumanizzazione dell’immagine, in cui silhouette perfette si stagliano su
ambienti rassicuranti, s’inserisce l’umanità senza fronzoli di Lucian Freud (Berlino, 1922; vive a Londra).
Di questo grande artista figurativo l’esposizione accoglie una sessantina di
opere, per lo più oli su tela e qualche acquaforte, seguendo non un ordine
cronologico ma il tema del laboratorio londinese dell’artista. Si divide poi in
quattro sezioni: “Interno/Esterno”,
“Riflessione”, “Riprese”, “Come carne”.
Freud è
un profeta del nudo: “La pittura è la persona”, dichiara l’artista; “Voglio
che funzioni come lo fa la carne”. Nudi in piedi, sdraiati, sopiti, svegli, il cui peso
corporeo è massa pittorica, in cui i chiaroscuri scavano tra le pieghe della
pelle, nella carne così come nella materia. Dei modelli se ne percepisce quasi
l’aura per questa volontà “di voler approfondire ciò che già si conosce”. E infatti Freud ama ritrarre
familiari e amici, come David Dawson, il suo assistente, disposti a restare per
ore in posa.
Immersi
in ambienti scarni anche gli oggetti come sedie, tavoli e poltrone, con una
storia da raccontare perché stracciati, logori, umani anche loro. Soggetti
tagliati dai limiti del quadro; limiti che a volte stravolgono l’ordine del
dipinto, giacché accade che l’artista aggiunga pezzi di tela, rendendola così
irregolare e sconcertante.
Delle
scelte cromatiche colpiscono i bianchi, rintracciabili fra l’altro nelle
montagne di stracci che riempiono il suo laboratorio: ritratti sin dagli anni
’80, sono dovuti alla tecnica di pulire con un cencio il pennello dopo ogni
segno, come in Standing by the Rags (1988-89).
Sono grandi
tele che vanno oltre la semplice teatralizzazione degli oggetti nello spazio, a
favore di una lettura attiva dei suoi soggetti, come in Ib and her Husband (1992), in cui gli occhi, i pugni
e i corpi si stringono in un abbraccio parlando del torpore di un momento, sovrastati
da un muro impastato come una tavolozza, dove vi si rintracciamo i colori usati
nel dipinto.
Un
percorso che scava nel profondo della vita di Freud, attraverso quadri che si
possono definire autobiografici, grazie ai quali si visitano i suoi luoghi come
il Garden’s painter (2005-06), o ci si confronta con alcuni autoritratti come in The
painter surprised by a naked admirer (2004-05), Interior with hand mirror (1967) e Reflection with 2
children (1965),
dipinto rappresentativo della mostra. Interessanti i rimandi a grandi maestri,
come in After Cézanne (2000), After Chardin ( 2000) e After Constable’s Elm (2003).
Il
percorso dell’esposizione prevede nove foto di David Dawson e due filmati, uno ancora di
Dawson – che ritrae Freud mentre lavora – e Small Gestures in Bare Rooms di Tim Meara.
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mostra
visitata il 14 aprile 2010
dal 10 marzo al 19 luglio 2010
Lucian Freud – L’Atelier
Centre Georges Pompidou
Place George Pompidou – 75004 Paris
Orario: da mercoledì a lunedì ore 11-21; giovedì ore 11-23
Ingresso: intero € 5; ridotto € 4
Catalogo disponibile
Info: tel. +33 0144781233; www.centrepompidou.fr
[exibart]