Duro, sardonico e incisivo,
Wyndham Lewis (Amherst, 1882 – Londra, 1957) apprende presto che il modo migliore per farsi notare è coltivare un’immagine forte. Esploso sulla scena artistica londinese nel 1914 come editore di “Blast”, nel doppio ruolo di scrittore e artista Lewis raccoglie le idee d’avanguardia provenienti da Francia, Italia e Germania, rielaborandole nel movimento artistico e letterario del vorticismo.
Simpatizzante di Hitler e Stalin, le sue opinioni politiche (ritrattate pochi anni dopo) resteranno per sempre una macchia indelebile sulla sua immagine d’artista e letterato. Cinquant’anni dopo la morte, la mostra della National Portrait Gallery offre l’opportunità di riscattare colui che Walter Sickert definì “
il più grande ritrattista di tutti i tempi”. Cinquantotto lavori fra tele e schizzi; tre sale arrangiate cronologicamente in sei sezioni, che segnano i momenti chiave di una carriera tempestosa,
Wyndham Lewis Portraits è una mostra piccola ed essenziale.
Ai numerosi autoritratti, tra cui
Portrait of the artist as the painter Raphael (1921), si accompagnano ritratti indimenticabili di figure femminili come
Edith Sitwell (1923-35), fragile creatura avvolta in un immenso cardigan, ed Ezra Pound, T.S. Eliot e James Joyce, gli amici e rivali del modernismo britannico ritratti all’apice del successo, carichi di una trattenuta energia, potenti e ricettivi.
Per Lewis, compito del ritratto non è quello di indagare la psiche del soggetto ma proiettare un’immagine pubblica. Angolari e rigide, le sue figure risentono dell’influenza di
Cézanne e delle esperienze del cubismo. I suoi soggetti non sono altro che pupazzi, manichini fotografati con lo stesso analitico distacco dei ritratti di
Bronzino.
Tuttavia, Lewis riesce a raccontare molto delle persone che posano per lui. I numerosi ritratti a carboncino di
Ezra Pound ritraggono il poeta in atteggiamento fiero, nuovo Trotsky della parola scritta. Mentre
T.S. Eliot (1938) -elegantemente vestito, le mani aggiustate in grembo in modo preciso, quasi meticoloso- colpisce per l’espressione tormentata di chi ha dovuto sacrificare molto in fatto di felicità personale all’altare della poesia. In
Red portrait (1937), la forte personalità di Froanna, la moglie dell’artista (al secolo Gladys Hoskins), incastonata in un sognante interno dai toni rossi, trasuda attento e caloroso affetto.
Nel 1930 Lewis pubblica
The Apes of God, romanzo satirico in cui attacca il panorama letterario londinese e che gli aliena le simpatie di numerosi sostenitori. Nel gioco linguistico contenuto nel titolo, le “scimmie” a cui Lewis si riferisce sono gli appartenenti al gruppo di Bloomsbury, molti dei quali posarono per lui negli anni ‘20. Ai suoi occhi non sono altro che ricchi amatori che giocano a fare gli artisti e diventano il target della sua feroce satira, espressa visivamente attraverso l’esagerazione delle peculiarità dell’aspetto fisico, al confine con la caricatura. Ma, paradossalmente, proprio l’aspetto grottesco della caricatura dona al ritratto una indimenticabile identità, spesso molto apprezzata dalle stesse “vittime”.
Nel 1951 la perdita della vista lo spinge “
in una stanza buia” da cui non uscirà più. Confinato in un mare di nebbia, Wyndham Lewis muore completamente cieco nel 1957. Ora, dopo oltre mezzo secolo, è tornato a vedere la luce.