Il Moderna Museet di Stoccolma mette in mostra una
selezione dalla propria collezione di opere fotografiche. Opere appartenute al
Fotografiska Museet fino al 1998, anno in cui il centro è stato spostato e
riorganizzato e la sua collezione incorporata a quella del Moderna Museet.
Il titolo della rassegna,
Reality Revisited, secondo le parole della
curatrice Ann Tellgren si riferisce “
al modo in cui questi fotografi hanno
usato frequentemente, o sono ritornati, alla propria realtà come punto d’inizio”. Il mondo circostante è perciò indagato
a fondo mediante il mezzo fotografico, il quale “
dà una specie di licenza”, come sosteneva
Diane Arbus (presente nella sezione della
mostra dedicata ai pionieri).
L’accento è posto sugli anni ’70, sulla fotografia analogica
in bianco e nero, americana e svedese, con l’aggiunta di alcuni esponenti della
fotografia nordica e baltica. Sono comprese ad esempio le forti documentazioni
sulla Lituania di
Antanas Sutkus, con l’intento di rivelare la tensione presente in quegli
anni tra Europa Orientale e Stati Uniti.
Anche la fotografia inglese trova spazio, grazie ai
paesaggi di
Paul Hill e ai ritratti di
Chris Killip. Vi sono le due serie
Tulsa e
Teenage Lust dell’americano
Larry Clark, controversi reportage
testimonianti della sua vita e delle vite dei suoi amici, attraversate da sesso
e droga e rappresentate senza reticenze.
Ogni serie trova nell’allestimento un proprio spazio; ogni
sezione rivela un modo personale di vedere. Dal perfetto stile di vita delle
coppie americane nella realtà suburbana, ironicamente rappresentato da
Bill
Owens nella serie
Suburbia, si passa
alle costruzioni concettuali di
Duane Michels: ritratti di uomini e donne
accompagnati da testi, poiché soggetti impossibili, dei quali “
possiamo solo
trovare pezzi e frammenti d’indizi”.
Mentre i progetti sviluppati a cavallo tra gli anni ’60 e
’70 sono riconducibili alla fotografia documentaria, i lavori sviluppati sul
finire del decennio sono caratterizzati da sguardi rivolti al corpo o a
composizioni surreali. Come le “
immagini dentro alle immagini” di
Kenneth Josephson, che avviano un meta-discorso
sulla veridicità dell’atto fotografico. Mentre i dittici della serie
Parasites, della svedese
Eva Klasson,
studiano dettagli anatomici che
divengono paesaggi, alternando l’occhio scientifico a quello poetico.
Per quanto riguarda la fotografia svedese, ampio spazio è
riservato alle opere dal forte impatto di
Christer Strömholm e a quelle estatiche del suo
allievo
Anders Petersen. Infine, due album fotografici contenenti alcune centinaia d’immagini
furono donati al museo da
Andy Warhol nel 1968. Istantanee che documentano la vita dei
protagonisti della Factory, tra cui i fotografi
Billy Name e
Stephen Shore.
Un’ottima selezione, che ripercorre lo svilupparsi e il
definirsi del linguaggio fotografico attraverso i protagonisti dell’allora
nuova generazione. Con un allestimento che “contiene” il lavoro di ogni singolo
artista, al fine di inglobare lo spettatore nei diversi universi visivi e nelle
realtà che da questi scaturiscono.