L’arte è donna con Georgia O’Keeffe, the grand old lady dell’arte americana.
Artista e donna in un tempo in cui l’altra metà del cielo altro scopo nella vita non aveva se non quello di mettere al mondo – e crescere – figli, Georgia O’ Keeffe (1887-1986) incarna il mito americano di indipendenza, grandezza e individualismo al cento per cento.
Indipendente, dunque, e coerente fino in fondo nella sua ricerca espressiva attraverso i generi – perché di pittura di genere fino in fondo si tratta – Georgia si muove in un mondo dominato da una cultura ancora profondamente e radicalmente maschile, dove una donna aveva ben due possibilità di sopravvivenza: la prima come artista-donna – in virtù della propria femminilità, e quindi come qualcosa di assolutamente innovativo – oppure come artista – nonostante la propria femminilità.
Una scelta che Georgia sorvola di compiere, indisturbata e ineffabile come solo lei sa essere. I suoi epigoni sono tutti inevitabilmente uomini (un accenno a Braque, a Munch, e l’ammirazione per Goya), eppure le sue tele trasudano femminilità, una femminilità che, con grande scorno dell’artista, è stata ripetutamente ammantata di sensualità: “Eroticism! That’s something people themselves put into the paintings…”, commenta l’artista di rimando alle allusioni sessuali attribuite da pubblico e critici alle sue in verità assai “carnali” immagini floreali.
Per la gioia di chi non si perdonerebbe di non saper riconoscere un O’ Keeffe, le opere di Georgia portano un marchio che è inconfondibile. Lo studio delle forme, la scelta dei toni e dei colori, il tratto sinuoso e sensuale del pennello si ripetono in giochi e combinazioni sempre nuove ma mai completamente diverse. Sin dai suoi primi acquerelli esposti dal gallerista e fotografo Alfred Stiegelizt alla 291 Gallery di New York – dove anche Braque, Picasso e Rodin vennero introdotti al pubblico americano – nel 1917, è possibile rintracciare le forme, le impressioni, che tanto interessavano e ispiravano Georgia. E’ quasi percepibile il processo creativo, dall’impressione (il momento, il dettaglio che si imprime nella mente dell’osservatore) alla sua traduzione in immagine sulla tela. Inconfondibile l’accostamento dei colori – un gusto infallibile e sobrio, mai violento – le infinite variazioni tematiche che nascono, per esempio, dall’osservare il contorno bianco di una carcassa di animale contro il blu cobalto del cielo del New Mexico. Un soggetto forse poco ortodosso (le ossa di un animale morto!) che Georgia rende, sulla tela, di una bellezza disarmante. Dal New Mexico, dove nel 1949 Georgia si trasferisce definitivamente, provengono anche paesaggi che tecnicamente riecheggiano certe opere di Braque (The Cliff Chimneys, Cliffs Beyond Abiquiu – Dry Waterfall, Untitled – Red and Yellow Cliffs), e la serie dedicata al patio di Ghost Ranch, dove l’impressione della danza dei fiocchi di neve è resa con poche, espressive pennellate bianche (Black Door With Snow).
Georgia O’Keeffe divide con Van Gogh la sorte dell’artista da cartolina. La retrospettiva al Louisiana rende quindi giustizia ad un’artista che, sebbene rappresenti un mito consolidato negli States, in Europa ancora è conosciuta (e riconosciuta) attraverso poster e riproduzioni di vario formato.
Il percorso espositivo è relativamente limitato, ma questo rende la visita ancora più gradevole, e l’approccio alle opere più approfondito. La mostra è inoltre supportata dal documentario Georgia O’Keeffe del 1977, prodotto e diretto da Perry Miller Adato, mentre i ritratti fotografici di Alfred Stiegelitz (dal 1924 marito dell’artista) colgono Georgia in momenti privati – seppure mai veramente spontanei – e ne svelano il lato spiccatamente sensuale.
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Il sito del Georgia O’Keeffe Museum a Santa Fe, New Mexico:
Il sito di Georgia O’Keeffe
La biografia di Georgia O’Keeffe
Anna Vian
Mostra visitata il 10 marzo 2002
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Spero che qualcuno porti in Italia la mostra della O'Keeffe... Vi prego! G.T.
Anch'io spero che qualcuno portiin Italia una mostra della "magica" Georgia O'Keeffe.