Trent’anni dopo la prima grande retrospettiva del ‘77, il Solomon R. Guggenheim Museum presenta nuovamente Fontana, mettendo a confronto 49 opere dedicate a due città straordinarie come Venezia e New York, attraverso la lunga ricerca spazialista caratteristica di tutta la carriera del celebre artista.
Lucio Fontana (1899-1968) firma nel ‘46 a Buenos Aires il primo Manifesto Blanco, che descrive la necessità di rappresentare la realtà come area pluridimensionale, traducendo artisticamente il concetto di spazio nel superamento della superficie piana, dando movimento e profondità alla tela.
La sua tecnica quindi si evolve in gesti decisi, netti, taglienti, sulle tele, suggerendo all’osservatore una lettura tridimensionale del quadro e proponendo l’uso di vuoti risaltando così i pieni e viceversa. Nascono, quindi, i suoi famosi cicli concettuali chiamati Buchi, in cui buca letteralmente coloratissime tele con un punteruolo, oppure Attese, dove pratica decise rasoiate sequenziali, e ancora i tagli multipli chiamati Quanta.
Nel 1961 viene invitato a partecipare ad una collettiva a Venezia intitolata Art and Contemplation, tenutasi a Palazzo Grassi, dove l’artista presenta una serie di quadri dedicati alla città lagunare. Proprio queste opere accolgono i visitatori nella prima sezione della mostra newyorchese, in una quiete atmosfera enfatizzata dalla strategica illuminazione diretta dei singoli quadri. Le grandi tele sono ricoperte di colore denso, manipolato con pennello e mani, ricche dell’oro peculiare dei mosaici bizantini di San Marco. Come in Concetto spaziale, Venezia era tutta d’oro (1961), dove un taglio verticale netto, esattamente al centro della tela quadrata, spezza le circonferenze chiaramente modellate a mano con un ricco e pastoso oro. Oppure Concetto spaziale, il cielo di Venezia (1961), dove i riflessi sono quelli dei vetri di Murano, che vengono inseriti nella composizione sempre formando cerchi alternati a piccole forature.
In Concetto spaziale, Venezia Barocca (1961) i movimenti ondulati sono tipici dell’architettura della città,
Nel novembre dello stesso anno, dopo questo grande successo, Martha Jackson Gallery lo invita per una personale a New York City, dove Fontana, folgorato, dichiara: “New York è molto più bella di Venezia”. Si dedica, quindi, ad un’altra celebre serie intitolata New York, dove la tela si trasforma in lamine metalliche verticalmente squarciate e puntellate. Emblematico in questo senso è Concetto spaziale, New York Skyscrapers (1962), dove buchi, tagli e incisioni su rame ricordano chiaramente i grattacieli della Grande Mela.
La lunga serie continua in un secondo spazio, in cui l’illuminazione è ridotta quasi esclusivamente ai faretti diretti sui metalli dei quadri. In Concetto Spaziale, New York 14 (1962) l’alluminio della grande lamina rettangolare è interamente lacerato e graffiato con gesti brevi, obliqui e netti, mentre Concetto Spaziale, New York 10 (1962) è composto da tre pannelli contigui di rame caratterizzati da lunghi tagli irregolari e incisioni per di più orizzontali alle due estremità. È questa la produzione in mostra al Guggenheim Museum, esempio di magnificenza barocca e dinamismo futuristico. Il percorso artistico dell’artista emerge, con estrema chiarezza, dalla sapiente cura di Luca Massimo Barbero (la mostra ha già transitato per il Guggenheim di Venezia). Le luci riflesse sulle tele immergono l’attenzione in dettagli di straordinario fascino e indubbia seduzione. E ci si perde nello spazio. Vuoto o pieno.
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leonardo proietti
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Bellissima mostra, ma l'avevo vista sia a Venezia sia a New York e la prima mi era sembrata più bella e più completa... Probabilamente qualche pezzo non si è potuto trasportare! Tu come stai? Sei tornato a New York o sei in Italia?
Fontana non è sicuramente tra i miei artisti preferiti, ma l'articolo mi ha fatto venire una gran voglia di visitare la mostra, peccato che non potrò andare a New York entro gennaio!