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10
settembre 2008
fino al 21.IX.2008 Jeff Koons Chicago, Mca
around
Disgusta o meraviglia, intenerisce o allontana. Disorienta quando espone le gigantografiche pose sessuali che lo ritraggono con Cicciolina. E incanta quando immortala la pornostar in un serafico busto in marmo bianco...
Al Museum of Contemporary Art di Chicago, due enormi sale ospitano i più significativi lavori di Jeff Koons (York, Pennsylvania, 1955; vive a New York e a York), dagli anni ‘70 a oggi, allestiti in ordine cronologico.
L’arte di Koons percorre i secoli e le correnti, ispirandosi a Courbet e Duchamp, per passare attraverso l’essenzialità di Brancusi e la sfacciataggine di Warhol, servendosi del mondo di A. A. Milne, il creatore del dolcissimo e impacciato Winnie-the-Pooh. Ed ecco delinearsi il suo stile: irriverente, sensuale, barocco, bambinesco.
I materiali prediletti sono la ceramica, la porcellana e il legno policromo, con cui realizza iperrealistiche sculture, come quelle della serie Banality (1988), un’amalgama di scontatezza e seduzione, di raffinata esecuzione accompagnata da “basso” gusto. Sorrette da esplosioni di colori e insignificanti dettagli. Lo stesso Koons sostiene di voler rappresentare le cose per come sono: “È come sdraiarsi su un prato e fare un lungo respiro. Questo è quello che il mio lavoro cerca di fare, essere il più possibile apprezzabile proprio come quel respiro”. Koons apre la serie di Banalità riproponendo la dicotomia tra il sublime e l’ovvio, tra una scultura di sostanziale valore e il kitsch più degradante. Banality vede sensuali busti di donna in vasca da bagno, avvinghiati a braccia di Pantera Rosa, bambini in marcia e piramidi di animali dalle sottili e ambigue pose sessuali. Per non dimenticare la quasi profetica rappresentazione di Micheal Jackson and Bubble, in oro luccicante e bianco smaltato.
In mostra anche la serie Made in Haven (1989-92), per la realizzazione della quale Koons ha esplorato e analizzato a fondo la propria sessualità e moralità, rimuovendone la paura e il senso di colpa, per approdare a sincere ed esplicite rappresentazioni di quello che l’artista definisce l’Eterno: “Ci sono due elementi che determinano l’eterno, quello biologico e quello spirituale”, entrambi rappresentati da gigantografie dello stesso Koons e della ex moglie Ilona Staller, alias Cicciolina. Ancora esplicite pose sessuali e freddi busti marmorei che ne sublimano l’unione spirituale.
Rallegrano l’atmosfera i coloratissimi Popey (2002), collage e assemblaggi di oggetti gonfiabili e d’uso comune lungo la scia dei ready made. Valga come esempio il grande bruco colorato che si affaccia tra i pioli di una scala.
Koons sa essere dissacrante e sincero, diretto e allusivo, semplice e complesso. Esattamente come l’America. Una delle ultime opere rende forse omaggio alla sua patria, elevando a qualità di opera d’arte i più comuni simboli americani come il pallone da pallacanestro o l’incredibile Hulk Elvis (2005): un gigantesco ritratto del fumettistico omone verde in un avveniristico mix di realismo e astrattismo.
L’arte di Koons percorre i secoli e le correnti, ispirandosi a Courbet e Duchamp, per passare attraverso l’essenzialità di Brancusi e la sfacciataggine di Warhol, servendosi del mondo di A. A. Milne, il creatore del dolcissimo e impacciato Winnie-the-Pooh. Ed ecco delinearsi il suo stile: irriverente, sensuale, barocco, bambinesco.
I materiali prediletti sono la ceramica, la porcellana e il legno policromo, con cui realizza iperrealistiche sculture, come quelle della serie Banality (1988), un’amalgama di scontatezza e seduzione, di raffinata esecuzione accompagnata da “basso” gusto. Sorrette da esplosioni di colori e insignificanti dettagli. Lo stesso Koons sostiene di voler rappresentare le cose per come sono: “È come sdraiarsi su un prato e fare un lungo respiro. Questo è quello che il mio lavoro cerca di fare, essere il più possibile apprezzabile proprio come quel respiro”. Koons apre la serie di Banalità riproponendo la dicotomia tra il sublime e l’ovvio, tra una scultura di sostanziale valore e il kitsch più degradante. Banality vede sensuali busti di donna in vasca da bagno, avvinghiati a braccia di Pantera Rosa, bambini in marcia e piramidi di animali dalle sottili e ambigue pose sessuali. Per non dimenticare la quasi profetica rappresentazione di Micheal Jackson and Bubble, in oro luccicante e bianco smaltato.
In mostra anche la serie Made in Haven (1989-92), per la realizzazione della quale Koons ha esplorato e analizzato a fondo la propria sessualità e moralità, rimuovendone la paura e il senso di colpa, per approdare a sincere ed esplicite rappresentazioni di quello che l’artista definisce l’Eterno: “Ci sono due elementi che determinano l’eterno, quello biologico e quello spirituale”, entrambi rappresentati da gigantografie dello stesso Koons e della ex moglie Ilona Staller, alias Cicciolina. Ancora esplicite pose sessuali e freddi busti marmorei che ne sublimano l’unione spirituale.
Rallegrano l’atmosfera i coloratissimi Popey (2002), collage e assemblaggi di oggetti gonfiabili e d’uso comune lungo la scia dei ready made. Valga come esempio il grande bruco colorato che si affaccia tra i pioli di una scala.
Koons sa essere dissacrante e sincero, diretto e allusivo, semplice e complesso. Esattamente come l’America. Una delle ultime opere rende forse omaggio alla sua patria, elevando a qualità di opera d’arte i più comuni simboli americani come il pallone da pallacanestro o l’incredibile Hulk Elvis (2005): un gigantesco ritratto del fumettistico omone verde in un avveniristico mix di realismo e astrattismo.
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a cura di Madeleine Grynsztejn
MCA – Museum of Contemporary Art
220 East Chicago Avenue – 60611 Chicago (IL)
Orario: martedì ore 10-20; da mercoledì a domenica ore 10-17
Ingresso: intero $ 10; ridotto $ 6; mercoledì gratuito
Catalogo in mostra, $ 45
Info: tel. +13122802660; www.mcachicago.org
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