Ugo Mulas (1928, Pozzolengo – 1973, Milano), viene celebrato in Francia in occasione della prima edizione francese del suo libro La Fotografia, con lo stesso formato, i testi e le fotografie della prima edizione italiana. Scritto da Ugo Mulas ma edito in Italia nel 1973 poco dopo la sua morte, la pubblicazione del libro diventa quindi spunto, oltre che per ricordare uno dei più grandi fotografi italiani del novecento, per allestire l’esposizione “Ugo Mulas, La Photographie”. Questa presentata precedentemente presso lo spazio espositivo Le Point du jour a Cherbourg, anche casa editrice dell’edizione francese, è oggi presso la Fondazione Cartier Bresson con una sessantina di foto in bianco e nero riunite grazie all’Archivio Ugo Mulas (Milano) e al curatore associato Giuliano Sergio.
Fotografo per caso e di formazione autodidatta, Mulas si è confermato subito come un professionista della foto, il tutto grazie ad un amico che gli regala una macchinetta fotografica. Nascono così, intorno al 1948, i primi cliché dello storico Bar Jamaica, punto d’incontro di numerosi artisti, sito non molto distante dall’Accademia delle Arti di Brera, qui Mulas fotografa dal gestore Elio Mainini, ad artisti come Piero Manzoni. Tutti scatti in bianco e nero, pieni di vita, che colgono il carpe diem di quegli anni folli, questi rivelano già uno spessore che si finalizzerà nelle foto degli anni ’70, ma prima ce n’è di strada da percorrere, di storie da raccontare e di gente da ritrarre.
È nel 1954 come fotografo ufficiale della Biennale d’Arte di Venezia che immortala Giacometti e Max Ernst, rivelando la loro grande umanità a discapito di quella luce di notorietà con la quale siamo più abituati a vederli. Negli anni ’60 è a New York dove c’è aria di Pop Art, con Andy Warhol ritratto nella Factory, Jasper Johns o lo studio di Robert Rauschenberg. Ma c’è anche il grande Marcel Duchamp, lo vediamo nella strade della grande mela o circondato dalle sue opere; sigaro in mano e senza pose, Mulas lo coglie nella spontaneità del pensiero e del gesto, immerso in un’aria rarefatta regalata dal bianco e nero. Non solo al personaggio, lui era interessato anche allo spazio, non asettico e anonimo, ma vivo e pieno di dettagli da cogliere, come nel caso degli atelier di artisti. Su questa scia memorabili gli scatti di Lucio Fontana nel suo studio. Nasce la serie L’attesa, in cui ripercorre in poche tappe i gesti del maestro dello Spazialismo, cioè prima e dopo il taglio su tela. Quel gesto rivoluzionario, l’hic et nunc di Fontana viene immortalato dal genio fotografico di Mulas. Incontro storico invece quello tra Mulas fotografo e le neoavanguardie artistiche italiane tra cui Boetti, Kounellis, Fabio Mauri, Paolini e Pistoletto. Come? Nelle vesti di fotoreporter della mitica mostra “Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960-70” al Palazzo delle Esposizioni di Roma, curata da Achille Bonito Oliva insieme a Graziella Lonardi Bontempo, fondatrice degli Incontri Internazionali d’Arte. Seguirà la pubblicazione di un volume fotografico che celebra appunto quest’evento capitale della storia dell’arte e della fotografia italiana. Ma sarà nel 1968 che si aprirà una nuova fase di riflessione sul mezzo fotografico, e di sperimentazione dell’immagine. Bisogna ricordare che poco prima usciva il film Blow up (1966) di Michelagelo Antonioni, in cui il regista ferrarese ragiona sull’enigmaticità e la polisignificanza della fotografia. Ma ecco Mulas con Le Verifiche, realizzate tra 1968 al 1973, in cui rivela a poco a poco dalla presenza dell’altro, il fotografo, a dettagli non sempre evidenti, ma senza per questo arrivare ad una soluzione, in controparte stimola invece un mare di domande. Riferimento della fotografia concettuale, ed è in questo che sembrano corrispondere il film Blow Up e Le Verifiche di Mulas. Tra Le Verifiche, che sono l’opera ultima di Mulas e che sono state in parte acquistate nel 2011 dal Centre Pompidou, troviamo quella intitolata Omaggio a Niepce, ossia a Joseph Nicéphore Niépce conosciuto come l’inventore della fotografia. Qui il fotografo artista lavora con la superficie sensibile della pellicola.”La pellicola! Elemento cardine di tutto il mio mestiere, che è poi il nucleo intorno al quale ha preso corpo l’invenzione di Niepce. È una verifica, che è prima di tutto un omaggio, un gesto di gratitudine, un dare a Niepce quello che è di Niepce”. Asserisce Ugo Mulas (n.d.r.). Le Verifiche sono considerate ad oggi il testamento teorico e fotografico dell’artista.
Livia De Leoni
mostra visitata il 26 gennaio
Dal 15 gennaio al 24 aprile 2016
Ugo Mulas, La Photographie
Fondation Henri Cartier-Bresson
2, Impasse Lebouis, 75014 Parigi
Orari: dal martedì alla domenica dalle 13 alle 18,30, il sabato dalle 11 alle 18,45, il mercoledì fino alle 20,30
Info:
www.henricartierbresson.org