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13
maggio 2009
fino al 24.V.2009 Big City Vienna, Wien Museum
around
Sembra che alla metafisica manchi un capitolo: la fotografia. Ogni mostra si trasforma in un’indagine teoretica oltre le apparenze. Perché non è solo in gioco un istante immutabile, o un attimo a futura memoria. Ma (forse) una “miniatura di eternità”...
Ogni occasione che ha a soggetto la fotografia – un festival con tutti i suoi risvolti, come anche una semplice mostra – pare destinata a divenire innanzitutto il luogo di una riflessione filosofica. Non è forse esplicito il titolo Tempo ed eternità. Dalla filosofia alla fotografia sotto cui il filosofo Remo Bodei ha svolto la sua relazione a Reggio Emilia durante la recente manifestazione Fotografia Europea? Lui stesso aveva anticipato quell’intervento in un articolo in cui affermava: “Nella fotografia si materializza in immagini la plurimillenaria teoria filosofica secondo cui l’eternità coincide con l’istante”.
In effetti, spiegava Bodei, l’istante, da Aristotele in poi, viene concepito come un’entità invisibile, quindi senza spessore geometrico. L’istante, però, equivale anche all’eternità, essendo questa un’entità incalcolabile, in quanto estesa all’infinito. Quindi incommensurabile, perché astratta. Analogamente la fotografia, trovando la sua realtà in un istante, un non-luogo virtualmente impercettibile all’esperienza, è una “miniatura di eternità” sui generis.
È una premessa che calza alla perfezione nell’occasione della mostra Big City, poiché – nonostante le molte tematiche che vi sono racchiuse – focalizza innanzitutto un momento importante nell’ambito della storia della fotografia quale fu, negli anni ‘40 del Novecento, l’avvento del cosiddetto formato Leica, ovvero la pellicola 35mm. Che, per meglio dire, consisteva in una vera e propria rivoluzione, in quanto la macchina fotografica si trasformava in uno strumento leggero, maneggevolissimo e pratico, con soluzioni tecniche adatte a cogliere all’istante attimi di vita quotidiana. Un’autentica rifondazione rispetto alle pratiche fotografiche in uso fino ad allora, prevalentemente statiche e piuttosto laboriose: roba da specialisti.
Così, con il mondo a portata di mano, bastava il colpo d’occhio e un impercettibile movimento dell’indice per immortalare un istante di vita, un atomo di verità che il reale scorrere del tempo impedisce di fissare. L’ideale contesto fotografico diventava la strada o un qualsiasi luogo della quotidianità. Certo, nonostante qualsiasi individuo potesse utilizzare il formato Leica, non era da tutti l’abilità e il tipico colpo d’occhio dei maestri che resero celebre questo nuovo formato.
La Big City del titolo è New York, palcoscenico della vita dove tutto può accadere. E immancabilmente accade. Incarnazione mitologica della metropoli polimorfa e irrequieta, quanto mai fotogenica. A raccontarla ci sono immagini, soprattutto in bianco/nero, di diciotto grandissimi fotografi, dagli anni ‘40 ai primi anni ‘80, tra cui Walker Evans, Ted Croner, Robert Frank, Charles Harbutt, William Klein, Lee Friedlander, Diane Arbus, Garry Winogrand.
Scatti, come narrazioni sincopate colte al volo: la folla, le fisionomie, i caratteri, le strade, le luci, i riflessi, le ombre, i fantasmi, i grattacieli, la velocità, la rabbia, la gioia di vivere…
In effetti, spiegava Bodei, l’istante, da Aristotele in poi, viene concepito come un’entità invisibile, quindi senza spessore geometrico. L’istante, però, equivale anche all’eternità, essendo questa un’entità incalcolabile, in quanto estesa all’infinito. Quindi incommensurabile, perché astratta. Analogamente la fotografia, trovando la sua realtà in un istante, un non-luogo virtualmente impercettibile all’esperienza, è una “miniatura di eternità” sui generis.
È una premessa che calza alla perfezione nell’occasione della mostra Big City, poiché – nonostante le molte tematiche che vi sono racchiuse – focalizza innanzitutto un momento importante nell’ambito della storia della fotografia quale fu, negli anni ‘40 del Novecento, l’avvento del cosiddetto formato Leica, ovvero la pellicola 35mm. Che, per meglio dire, consisteva in una vera e propria rivoluzione, in quanto la macchina fotografica si trasformava in uno strumento leggero, maneggevolissimo e pratico, con soluzioni tecniche adatte a cogliere all’istante attimi di vita quotidiana. Un’autentica rifondazione rispetto alle pratiche fotografiche in uso fino ad allora, prevalentemente statiche e piuttosto laboriose: roba da specialisti.
Così, con il mondo a portata di mano, bastava il colpo d’occhio e un impercettibile movimento dell’indice per immortalare un istante di vita, un atomo di verità che il reale scorrere del tempo impedisce di fissare. L’ideale contesto fotografico diventava la strada o un qualsiasi luogo della quotidianità. Certo, nonostante qualsiasi individuo potesse utilizzare il formato Leica, non era da tutti l’abilità e il tipico colpo d’occhio dei maestri che resero celebre questo nuovo formato.
La Big City del titolo è New York, palcoscenico della vita dove tutto può accadere. E immancabilmente accade. Incarnazione mitologica della metropoli polimorfa e irrequieta, quanto mai fotogenica. A raccontarla ci sono immagini, soprattutto in bianco/nero, di diciotto grandissimi fotografi, dagli anni ‘40 ai primi anni ‘80, tra cui Walker Evans, Ted Croner, Robert Frank, Charles Harbutt, William Klein, Lee Friedlander, Diane Arbus, Garry Winogrand.
Scatti, come narrazioni sincopate colte al volo: la folla, le fisionomie, i caratteri, le strade, le luci, i riflessi, le ombre, i fantasmi, i grattacieli, la velocità, la rabbia, la gioia di vivere…
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a cura di Gilles Mora
Wien Museum
Karlsplatz – 1040 Vienna
Orario: tutti i giorni ore 9-18
Ingresso: intero € 6; ridotto € 3
Info: tel. +43 150587470; fax +43 150587477201; office@wienmuseum.at; www.wienmuseum.at [exibart]