I musei Guggenheim propongono esposizioni temporanee e permanenti, queste ultime frutto del turn over delle opere fra le varie sedi. Nei mesi estivi, a Bilbao sono allestite le permanenti dedicate alla Pop Art, a Bill Viola e al terzetto costituito da Gerhard Richter, Lawrence Weiner e Rachel Whiteread. Tra le temporanee, oltre alla retrospettiva di James Rosenquist, il terzo piano del museo ospita una piccola –per gli standard del luogo– e splendida personale di Rothko.
Marcus Rothkovitz, al secolo Mark Rothko (Dvinsk 1903 – New York 1970), all’età di dieci anni si trasferisce con la famiglia negli States, approdando a New York City nel 1923. Due anni dopo inizia a dipingere; nel 1933 la sua prima personale, rispettando la legge delle decadi che scandisce la sua gioventù. Ma la celebre cifra stilistica si definisce solo una ventina d’anni dopo, assicurandogli un posto nella storia dell’arte tra le fila dell’Espressionismo Astratto, insieme a nomi come Barnett Newman e Jackson Pollock.
La mostra –che riprende la retrospettiva organizzata alla Fondazione Beyeler di Basilea, in occasione del centenario della nascita dell’artista- mette in evidenza il progressivo dissolversi della figura verso l’astrazione, in un percorso esemplificato dallo scarto fra Entrance to Subway (Subway Station, Subway Scene) (1938) a Untitled (1948), lavoro appartenente alla stessa fondazione.
Il pionieristico olio su tela No. 14 (1951), con le sue campiture disomogenee rosso e viola, introduce allo stile “maturo” di Rothko, esposto nella seconda sala, dove sono presenti opere datate dal 1952-53 al 1963. Lavori celeberrimi, caratterizzati da ampie fasce orizzontali di colore, circondate da una bordatura indecisa, un argine dalla
La componente drammatica, addirittura epica del suo studio, si estremizza nella serie degli Untitled (Black on Gray) (1969-70). Iniziato l’anno precedente al suicidio, il ciclo, che al Guggenhiem è sostanziato da cinque opere, abbandona il cromatismo acceso per concentrarsi sul nero e il grigio: il secondo occupa sempre la parte inferiore della tela e i due non-colori vengono modulati secondo proporzioni differenti nelle due dimensioni.
L’astrazione fa segno verso una forma pura, che si svincola dalla temperie calligrafica per irrompere nell’espressione più tormentata, non più a olio ma ad acrilico. Ed è un processo di ricerca inarrestabile, che porterà Rothko alla scelta più ardua che possa fare un essere umano. In una intreccio tra arte e vita che appartiene al passato della storia occidentale.
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marco enrico giacomelli
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