Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
19
gennaio 2009
fino al 25.I.2008 Human Conditions Istanbul, Istanbul Modern
around
Chi meglio dell’artista può definire cosa sia il contemporaneo? Compito tanto stimolante quanto ardito. Insan Halleri, espressione dal retaggio universale ed esistenzialista, è la mostra d’una Turchia iper-contemporanea...
Il monumentale complesso dell’Istanbul Modern, fulcro dell’arte contemporanea turca, è collocato in una posizione intrigante: dalle finestre del bianco prefabbricato si può osservare il Bosforo, ghiacciato mare tra Europa e Asia. Una scelta non casuale: la posizione fisica del museo rispecchia anche uno stato concettuale, una collocazione fra Oriente e Occidente che condiziona e stimola tutte le produzioni artistiche turche.
È in questa duplice ottica che Human Conditions riesce a parlare da due diverse prospettive. Da una parte, il titolo della mostra fa appello a una condizione generale degli esseri umani, ponte sospeso fra due ignoti, nascita (il passato, le tradizioni) e morte. Dall’altra, la rassegna è irriducibilmente turca: nel caso della carrellata in bianco e nero di Yilmaz Dernek ed Ergün Turan, soprattutto, è Istanbul a diventare lo snodo del discorso fotografico, benché la città quasi scompaia.
La sua pronunciata mancanza fa intuire che è proprio della metropoli che inevitabilmente parlano i passanti, fermati per strada per essere immortalati. Passing information to the future è infatti il risultato di quattro anni di ricerca per le vie di Istanbul, in cui i fotografi hanno cercato volti significativi in tutti i quartieri e gli strati sociali di una megalopoli (l’antica Bisanzio è la città più grande d’Europa) che si sta velocemente trasformando. Il futuro manterrà un ricordo fedele della Istanbul dei primi anni del nuovo millennio grazie ai suoi cittadini: nelle rughe dei loro volti, negli abbigliamenti aderenti, nelle scollati oppure lunghi e monocolore è possibile leggere il momento cruciale che sta attraversando questa nazione.
Di fronte a questa serie si schierano le altrettanto energiche foto di To play Possum, realizzate da Sitki Kösemen. L’artista ha chiesto a coloro che incontrava di piombare a terra, interpretando la propria morte. Un gioco a cui i protagonisti degli scatti hanno partecipato con curiosità e interesse. E malgrado il chiaro riferimento all’universalità del tema, non manca l’appello alle morti causate dalle guerre inter-religiose e alla loro amplificazione nei discorsi mediatici.
I passanti di Istanbul sembrano però molto più distanti di quelli che fingono di esser morti nelle foto di Kösemen. Infatti, mentre nei lavori di Dernek e Turan si parla di un attimo infinito che sembra essere già trascorso, i personaggi di Kösemen possiedono la vitalità di ciò che è letteralmente con-temporaneo: sono muratori e casalinghe strappati per un istante al loro quotidiano, cui sembrano voler tornare con veemenza. Le figure di Dernek e Turan paiono invece fantasmi che strisciano sui muri della città quasi per caso, come se l’avessero già abbandonata. Sono già ricordo del presente.
Sembra così di entrare in quel “sotterraneo di manichini” di cui parla Orhan Pamuk in Libro nero. In questo caso si tratta però di un sotterraneo rovesciato: nelle foto, i soggetti si lasciano dolcemente trascinare dal flusso del tempo, senza opporre resistenza o criticità.
È in questa duplice ottica che Human Conditions riesce a parlare da due diverse prospettive. Da una parte, il titolo della mostra fa appello a una condizione generale degli esseri umani, ponte sospeso fra due ignoti, nascita (il passato, le tradizioni) e morte. Dall’altra, la rassegna è irriducibilmente turca: nel caso della carrellata in bianco e nero di Yilmaz Dernek ed Ergün Turan, soprattutto, è Istanbul a diventare lo snodo del discorso fotografico, benché la città quasi scompaia.
La sua pronunciata mancanza fa intuire che è proprio della metropoli che inevitabilmente parlano i passanti, fermati per strada per essere immortalati. Passing information to the future è infatti il risultato di quattro anni di ricerca per le vie di Istanbul, in cui i fotografi hanno cercato volti significativi in tutti i quartieri e gli strati sociali di una megalopoli (l’antica Bisanzio è la città più grande d’Europa) che si sta velocemente trasformando. Il futuro manterrà un ricordo fedele della Istanbul dei primi anni del nuovo millennio grazie ai suoi cittadini: nelle rughe dei loro volti, negli abbigliamenti aderenti, nelle scollati oppure lunghi e monocolore è possibile leggere il momento cruciale che sta attraversando questa nazione.
Di fronte a questa serie si schierano le altrettanto energiche foto di To play Possum, realizzate da Sitki Kösemen. L’artista ha chiesto a coloro che incontrava di piombare a terra, interpretando la propria morte. Un gioco a cui i protagonisti degli scatti hanno partecipato con curiosità e interesse. E malgrado il chiaro riferimento all’universalità del tema, non manca l’appello alle morti causate dalle guerre inter-religiose e alla loro amplificazione nei discorsi mediatici.
I passanti di Istanbul sembrano però molto più distanti di quelli che fingono di esser morti nelle foto di Kösemen. Infatti, mentre nei lavori di Dernek e Turan si parla di un attimo infinito che sembra essere già trascorso, i personaggi di Kösemen possiedono la vitalità di ciò che è letteralmente con-temporaneo: sono muratori e casalinghe strappati per un istante al loro quotidiano, cui sembrano voler tornare con veemenza. Le figure di Dernek e Turan paiono invece fantasmi che strisciano sui muri della città quasi per caso, come se l’avessero già abbandonata. Sono già ricordo del presente.
Sembra così di entrare in quel “sotterraneo di manichini” di cui parla Orhan Pamuk in Libro nero. In questo caso si tratta però di un sotterraneo rovesciato: nelle foto, i soggetti si lasciano dolcemente trascinare dal flusso del tempo, senza opporre resistenza o criticità.
articoli correlati
Istanbul negli scatti di Søren Lose
greta travagliati
mostra visitata il 31 dicembre 2008
dal 10 settembre 2008 al 25 gennaio 2009
Human Conditions
a cura di Engin Özendes
Istanbul Modern
Meclis-i Mebusan Cad. Liman İşletmeleri Sahası Antrepo No. 4 (Karaköy) – 34433 Istanbul
Orario: da martedì a sabato ore 10-18; giovedì ore 10-20
Ingresso: intero 7 YLT; ridotto 3 YLT
Info: tel. +90 2123347300; fax +90 2122434319; info@istanbulmodern.org; www.istambulmodern.org
[exibart]