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fino al 25.IV.2011 Abstract Expressionist New York New York, MoMA
around
Quando l’arte era politica, e da entrambi i lati della cortina di ferro. Quando la Guerra Fredda si combatteva anche sul campo dell’arte moderna. Fra un dripping e un agente della Cia...
da sempre votato alla celebrazione del suo primo direttore, Alfred H. Barr Jr.
Il geniale e machiavellico primo curatore ante
litteram del museo di “arte di oggi” più celebrato nel secolo scorso
propose una serie di mostre passate alla storia, inquadrando quasi in tempo
reale i movimenti e le tendenze contemporanee.
Il vero capolavoro di Barr fu
senza dubbio la promozione del movimento dell’Espressionismo Astratto, o per
meglio dire degli artisti della Scuola di New York. Il capofila e il più famoso
fu senz’altro Jackson Pollock. Con i
suoi dripping e la sua action painting fece da traino a questo
movimento eterogeneo, che racchiudeva artisti dalle differenti attitudini.
La varietà di nomi con i quali è
conosciuto il gruppo di New York non aiuta certo a rendere l’idea di un
sodalizio compatto su un’idea di poetica comune. Una stessa breve occhiata alla
mostra, molto accurata e zeppa di opere, lascia comprendere anche a occhi meno
esperti la differenza pressoché abissale, ad esempio, del lavoro di Willem de Kooning rispetto a quello di Marc Rothko.
Quale dunque l’obiettivo di Barr
e di critici come Clement Greenberg e Harold Rosenberg, che sostennero il
movimento? Come mai questi artisti furono accomunati? Una delle molte
motivazioni addotte fu quella che tutti quanti rappresentassero la genuina arte
americana, la vastità dei paesaggi, l’impeto e la forza nell’uso del colore.
Tutto questo concorreva ad accomunare la loro arte, che spaziava dal suddetto dripping al post-surrealismo astratto
all’utilizzo di “campi di colore”.
Al di la di un genuino
americanismo di facciata – molti di questi artisti non erano neanche
statunitensi -, la linea poetica comune era l’utilizzo di un linguaggio
artistico non prettamente figurativo. Un linguaggio assolutamente ostracizzato
nei Paesi del blocco sovietico, dove vigeva una sorta di obbligo al Realismo.
In piena Guerra Fredda, gli Stati Uniti si presentavano anche nel campo
dell’arte come paladini della libertà d’espressione, e ancora una volta
proponevano la supremazia della loro innovazione culturale.
La strategia, che nacque da una
costola della Cia, l’Usia, venne studiata nei minimi dettagli man mano che gli
artisti si affermavano sulla scena internazionale, anche grazie a una serie di
tournée in Europa e alla presenza costante di alcuni esponenti del movimento
alla Biennale di Venezia durante
tutti gli anni ‘50.
Lo stesso MoMA ci tiene ad
approfondire questa rassegna in chiave politica, anche grazie a una serie di
incontri, proiezioni di documentari e altri eventi collaterali legati alla
mostra.
La serie di opere esposte è
incredibile e non catalogabile secondo un mero elenco. Quello che purtroppo è
da rilevare è l’endemica assenza di silenzio all’interno del museo, che spesso
si trasforma in un parco giochi per turisti che possono – ahinoi – scattare
foto a profusione.
Nonostante gli sforzi
lodevolissimi dell’organizzazione, i troppi visitatori impediscono una corretta
fruizione dei lavori. In sale monografiche come quella dedicata all’opera di Barnett Newman sarebbe invece
auspicabile riuscire a osservare con calma lavori fondamentali come Onement,
I (1952). Purtroppo
ci si trova a dover fruire una mostra bella e ben curata facendo lo slalom fra
i turisti, neanche fossimo sulla 5th Avenue. La democrazia dell’arte Usa è
anche questo…
Gottlieb
a Venezia
chiara di stefano
mostra visitata il 20 ottobre
2010
dal 3 ottobre 2010 al 25 aprile 2011
Abstract Expressionist New York
a cura di Ann Temkin
MoMA – The Museum of Modern Art
11 West 53rd Street – 10019 New York
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10.30-17.30; venerdì ore 10.30-20
Ingresso: intero $ 20; ridotto $ 16/12
Catalogo The Museum of Modern Art
Info: tel. +1 2127089400; www.moma.org
[exibart]
Bello l’articolo, complimenti all’autrice: solo riguardo alla tesi dell’espressionismo come arma della guerra fredda, avrei magari inserito qualche riferimento più dettagliato, se non altro perché è comunque una questione ancora piuttosto discussa. A chi interessa, in rete è disponibile il vecchio articolo di Eva Cockcroft da cui prese avvio la questione (https://www.msu.edu/course/ha/240/evacockroft.pdf), come pure il link a un articolo che ridimensiona la tesi (http://www.jstor.org/pss/1360716)
Saluti
gentile lettore
grazie dei complimenti.
avrei decisamente ampliato la questione se non avessimo degli stretti limiti di battute!
comunque grazie per il suo commento
ch