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“Nell’estate del 2009 ho passato diversi mesi documentando la vita degli immigrati illegali, i “sans-papiers” (senza documenti) di Parigi, rapportandomi intensamente con i loro problemi e le loro condizioni di vita. Nel novembre 2009, ho allestito un piccolo set fotografico in un edificio amministrativo abbandonata che era anche un luogo ben noto per dare rifugio ai sans-papiers e ha invitato i suoi occupanti a posare per un loro ritratto. Ho scattato più di 100 ritratti in 48 ore. Non conoscevo i nomi della maggior parte degli immigrati che ho fotografato e non conoscevo il loro paese d’origine o il motivo e in che modo fossero giunti a Parigi. Fino ad oggi, non so che cosa ne è stato di loro.
Queste persone che ho fotografato avevano in comune la volontà di lottare per il loro diritto di vivere legalmente in Francia e di non nascondersi più: il desiderio e la volontà di prendersi la responsabilità dei propri rischi. (…)
Attraverso i ritratti ho voluto dare un volto alla lotta di queste persone e loro preoccupazioni, in modo che non fossero percepiti solo come un problema astratto in materia di immigrazione e di asilo o come un “fenomeno” giornalistico.” Petrov Ahner
Tutto questo accade nel 2009 negli ultimi mesi in cui Petrov Ahner porta a termine i suoi quindici anni di vita a Parigi e prima quindi di stabilirsi a Berlino. Un passaggio. Dalla fotografia di moda in cui Ahner si è formato e ha poi lavorato per anni con successo (Cerruti, Jean-Paul Knott ed Elle tra gli altri) a, come la chiama lui, engaged photography (fotografia impegnata) che, proprio con questo lavoro, lo traghetta nel mondo più libero e complesso dell’arte in cui oggi Petrov Ahner sintetizza magistralmente la sua produzione.
Un lavoro intenso. Utilizzando gli strumenti formali della fotografia di moda, Ahner ci tiene a raccontarmi che le luci che ha usato sono le stesse di un suo lavoro eseguito per Cerruti 1881 (uno spot, fondo nero, forte chiaro-scuro), e rendendo il soggetto protagonista iconico, gli offre la dignità negata dalla sua condizione attuale, quella cioè dell’immigrato “senza carta – senza nome”. Tra i 100 ritratti eseguiti segue una selezione di 60. La selezione trasborda il lavoro dal reportage all’arte. Il formato dell’immagine è in scala ridotta, la griglia in cui si compone diventa un mosaico, i nostri occhi scorrono da un volto all’altro e si perdono nella supposizione, nell’invenzione della storia, senza volerlo, scoviamo volti “preferiti” ci specchiamo e ci confondiamo in loro e diventiamo, perché comunque lo siamo, stranieri.
È interessante pensare che questo lavoro, che nel 2009 venne recepito come un documento curioso ma non rilevante, sia oggi percepito così intensamente a causa della sua ovvia contemporaneità. E proprio in Germania dove non si parla d’altro. Sono passati sette anni e finalmente il lavoro è diventato “rilevante” anche per il mainstream. Interessante. Ci si potrebbe chiedere come mai, in questo mondo in cui i nostri occhi scivolano costantemente annoiati sui tabloid insanguinati di avvenimenti che a dieci metri da noi ci appaiono così lontani, perché un viso che esce dall’ombra e che ci guarda dritto dentro sia ancora capace di schiaffeggiare la nostra vergogna.
Marina Tiepolo-Kleist
mostra visitata il 25 febbraio 2016
Dal 25 febbraio al 25 maggio 2016
Petrov Ahner, Out Of The Dark
Berlinxx.net
Greifswalder Straße 220, 10405 Berlin, Germany
Orari: lunedì, mercoledì e venerdì dalle 12 alle 18
Info: www.petrovahner.de