Nel rinnovato contesto del Musée d’Arts Decòratifs, riaperto lo scorso 13 settembre dopo anni di chiusura, il Musée de la Mode et du Textile prosegue nella programmazione di importanti monografiche dedicate agli stilisti che hanno firmato la moda del Ventesimo secolo (Elsa Schiapparelli e Yohji Yamamoto, tra gli altri).
La mostra, curata da Pamela Golbin in collaborazione con il direttore artistico della maison Balenciaga (gioiellino fashion del Gruppo Gucci del mecenatissimo Pinault), presenta un percorso cronologico che va dalle prime creazioni del maestro Cristobal Balenciaga (1895-1972) fino alle ultime collezioni di Nicolas Ghesquière (1971), alla direzione della maison dal 1997. L’audace e iper-contemporaneo allestimento di Dominique Gonzales Foester e Benoit Lalloz è concepito come un “vascello spazio temporale” che attraversa freddi spazi glaciali e iceberg. Nell’atmosfera fredda di un’elegante luce blu emergono, nei due piani del museo, 170 creazioni tra vestiti e bozzetti, di cui 147 firmati dal maestro e 23 dal giovane direttore.
I primi abiti da sera sono quelli di un ambizioso Cristobal Balengiaga che, appena ventitreenne, apre da autodidatta la sua prima casa di moda a San Sebastian. Dalla terra basca il salto a Madrid e Barcellona, per poi arrivare a Parigi, dove inizia l’importante collaborazione con Elsa Schiapparelli e Madeleine Vionnet. Trasferitosi definitivamente in Francia dal 1937, lasciando una Spagna in p
Il primo piano presenta i lavori di Balengiaga dagli anni Trenta ai Cinquanta: abiti dal vocabolario formale essenziale, lane spesse e tagli audaci. Accanto alla ricerca di motivi decorativi per le stoffe (fiori, pizzi, i celebri pois e i quadri), il nero regna sovrano. Come risulta evidente dal percorso espositivo, Balenciaga dedicò tutta la sua ricerca a “costruire e semplificare”, con la consapevolezza della complessità del suo ruolo: “un grande stilista deve essere architetto nelle superfici, scultore nella forma, pittore nel colore, musicista nell’armonia e filosofo nella misura.”
Il ponte del vascello porta infine al piano inferiore, dove viene presentata la collezione dagli anni Cinquanta in poi. Le linee diventano più morbide, si perde il punto vita e viene introdotto il vestito tunica (1955) che rivoluzionerà la moda di quegli anni. Durante gli anni Sessanta “il laboratorio Balenciaga”, come ama definirlo l’attuale direttore artistico, studia nuove dimensioni: il collo si allunga e prende altezza, la forma è più limpida e le silhouette assumono sorprendenti volumi, organici e impalpabili. Nel febbraio del 1968 viene presentata l’ultima collezione firmata dal maestro. Balenciaga chiude la sua casa parigina e si ritira nelle
Solo dal ‘97 si può parlare di rinascita, grazie alla firma e al programma artistico del giovanissimo Ghesquière, già assistente di Jean Paul Gaultier. Il lavoro dello stilista francese attira immediatamente l’attenzione e il nome Balenciaga torna ad avere un buon riscontro internazionale. Viene rinnovata la boutique di Parigi, nella stessa avenue George V, e si apre a New York con spazi concepiti dagli stessi autori dell’allestimento di questa mostra.
Le ultime sale presentano, in un’atmosfera carica di fantascienza, fatta di manichini, robot e androidi, le ultime collezioni firmate Ghesquière. Lo stilista dichiara di essere legato alla forte tradizione della maison, continuità visibile nel taglio puro e rigoroso. Dai tailleur minimali che esaltano gambe filiformi, fino agli ultimi cappelli voluminosi che già simboleggiano la collezione della prossima stagione.
barbara martorelli
mostra visitata il 15 settembre 2006
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